Reinterpretazione dell’interpretazione

di Andrea Giammanco

codgiammanco

Nel brano che avete appena letto il genio multidisciplinare di Spallanzani drammatizza a fini educativi (o diseducativi) un concetto notoriamente ostico come il paradosso del gatto di Schrödinger, argomento che lo stesso autore dichiara di conoscere appena. Tratto di modestia di Spallanzani, vista la sua laurea in fisica conseguita alla fine degli anni ’40. All’epoca questi nuovi concetti della fisica quantistica non facevano ancora parte dei programmi curriculari, ma erano ampiamente noti nei dipartimenti di fisica. Va detto che tutta la faccenda della sua doppia laurea in lettere e in fisica è piuttosto controversa, per non dire schiettamente fasulla. D’altro canto, la proverbiale disattenzione delle segretarie dipartimentali autorizza le peggiori ipotesi.

Ma torniamo al punto. Nei due abbozzi di trama proposti alla fine della lettera Spallanzani presenta due varianti dello stesso problema: se A prepara il sistema fisico in modo da far permanere B in uno stato misto di vita e morte, e C fa collassare la funzione d’onda in un puro stato di morte, chi è l’assassino, A o C?

Spallanzani attacca con la consueta ironia una visione della meccanica quantistica molto diffusa tra gli stessi fisici, invitando a considerare le conseguenze morali del collasso della funzione d’onda da parte dell’osservatore. Dal punto di vista giuridico, non c’è dubbio riguardo la responsabilità di A e l’innocenza di C, ma ciò è in contraddizione con la visione che, in questo caso, pone l’atto dell’osservazione come centro focale dell’evento: C, innocente per la legge, sarebbe moralmente condannato all’ergastolo del rimorso per l’apertura della porta fatale.

E certamente non è sfuggita a Spallanzani l’altra faccia del paradosso gattesco: la funzione d’onda può essere scritta come

|ψ > = a • |vivo > + b • |morto >,

dove i coefficienti a e b sono in generale numeri complessi il cui unico vincolo è che |a|2 + |b|2 = 1.  Ebbene, così come la funzione d’onda |ψ > ha una probabilità pari a |b|2 di collassare nello stato puro |ψ > = |morto>, ha però anche una probabilità |a|2 di collassare in |ψ > = |vivo>; in tal caso l’ingresso di C nella stanza avrebbe effettivamente salvato la vita di B, invece di ucciderlo.

Tuttavia, C sa bene che la probabilità che avvenga almeno un decadimento radioattivo1 nel tempo t tra la chiusura della porta (quando il meccanismo martelletto + fiala di veleno è stato innescato) e la sua riapertura obbedisce alla seguente legge:

equaz1pngdove τ (tau) è una certa costante misurata in unità di tempo. Si noti che per tempi molto lunghi il valore di P (t ) tende ad approssimare 1 (si veda la figura 1), ovvero 100%, ovvero certezza della morte di B ( | ψ > = |morto>).

Figura 1: Evoluzione della probabilità di morte nella camera chiusa ( y ) in funzione del tempo ( x = t / T ).

Figura 1: Evoluzione della probabilità di morte nella
camera chiusa ( y ) in funzione del tempo ( x = t / T ).

 

Il pignolo noterà che 1 è l’esito asintotico dell’evoluzione di P (t) e che quindi la certezza della morte di B non può essere raggiunta in nessun tempo finito. Però più tempo passa dall’attivazione del meccanismo e più ci si avvicina alla certezza, per cui l’esperimento non ha più molto di quantistico e si avvicina alla fisica classica.

In questo caso, che verosimilmente aveva in mente Spallanzani mentre elaborava i due abbozzi, la certezza del collasso della funzione d’onda verso la soluzione mortale di fatto solleva chi apre la porta dalla responsabilità dell’omicidio: infatti subito prima dell’apertura, la maggior parte dei cammini quantistici vedevano già il povero B cadavere nella stanza.
Sherlock Holmes, nella prima delle due storie, commette quindi un gravissimo errore: risulta colpevole della morte di Schrödinger proprio perché ha ricreato con ottima approssimazione le condizioni che il determinismo ottocentesco era in grado di descrivere egregiamente2.

A meno che la moglie di Schrödinger non arrivi a casa abbastanza presto da permettere alla funzione d’onda di avere ancora una significativa componente di |vivo >. In tal caso c’è ancora speranza di salvezza per Schrödinger e di libertà per Sherlock Holmes, ma il determinismo che quest’ultimo voleva difendere sarebbe negato, e Sherlock sconfitto sul piano ideologico.

Varius multiplex multiformis

Dal punto di vista letterario, utilizzando complesse metafore scientifiche a fini narrativi Spallanzani si inserisce a pieno titolo in una ristretta ma feconda categoria di autori che, sulla scorta della quinta lezione americana di Calvino, potremmo definire “I molteplici”.
Calvino parte da citazioni di Gadda, Musil, Proust, Flaubert e Joyce per discutere il tema del romanzo contemporaneo come enciclopedia e rete di connessioni infinite. Mi fermo ai primi due e noto banalmente che erano ingegneri e che abbondano di metafore scientifiche: la «depressione ciclonica nella coscienza del mondo», i «quanti di erotia»3, la vita come uno di quei «problemi matematici che non ammettono una soluzione generale ma piuttosto soluzioni singole che, combinate, si avvicinano alla soluzione generale»4. Alla lista aggiungo anche Landolfi e Manganelli, che consigliava agli aspiranti scrittori di studiare geologia:

«per scrivere l’Amleto, o anche molto meno, l’università di lettere non le darà nulla. Le consiglierei di iscriversi a chimica, archeologia, geologia. Lei ha bisogno di metafore, di allitterazioni, di iperboli […]. Non ricordo più cosa siano gli oligoscisti: ma quella, mio caro, quella è letteratura»5.

Tornando ancora più indietro, e a memoria, penso alla poesia di Milton su certi amanti che sono come compassi, o agli spiritelli del sangue degli stilnovisti. Fatte le opportune trasposizioni, si può dire che la metafora scientifica è antica e abbastanza frequente, al punto da farmi credere che non tanto l’opera contemporanea tenda ad essere, o debba essere, molteplice, quanto piuttosto che molteplice sia, e sia sempre stato, l’autore6.

In verità, quel che stupisce nel catalogo calviniano è proprio l’assenza di Spallanzani. Non potendosi trattare di una svista, devo credere che dipenda dalla strategia di oscuramento adottata dal Nostro al principio degli anni ’80: «come la seppia che s’annuvola», dice nel suo diario.  Qualcuno vocifera di presunti screzi tra i due, che risalirebbero al 1967, quando durante la conferenza “Cibernetica e fantasmi” Spallanzani interruppe più volte Calvino camuffando la voce. Si tratta di pure malignità, come risulta dalle cartoline natalizie che i due si scambiarono per molti anni ancora. Del resto, nel saggio Appunti sulla narrativa come processo combinatorio (pubblicato in Una pietra sopra – Saggi I, Milano, Mondadori, 1995, pp. 209-225), tratto dalla conferenza, Calvino affronta proprio le tematiche comuni ai due autori: i testi scritti da macchine autorali, la letteratura come labirinto, l’importanza del “fatto privato”, il parallelo tra scacchi, informatica e psicologia.

Bisogna comunque considerare lo sfavore della cultura ufficiale per un irregolare come Spallanzani. Citerò un esempio: negli anni ’80 la Garzanti pubblicò un’antologia per le scuole medie che aveva alcuni elementi innovativi, come una maggiore attenzione per la scienza (c’erano i terribili dialoghetti di Alfa & Beta, di Piero Angela) e persino per la fantascienza (c’era l’indimenticabile Magazzino dei mondi di Sheckley). All’epoca si parlò anche di una partecipazione di Spallanzani, che in effetti preparò una piccola scheda dedicata alla metafora scientifica, piena di esempi tratti da Donne, Musil, Gadda, Levi, Calvino. Nella nota il Nostro si scagliava furiosamente contro la teoria di Boyd, che distingueva tra metafore nobili, cioè interne alla scienza, e metafore popolari o povere, esterne alla scienza e adatte solo a scopi didattici e divulgativi7. Secondo Spallanzani, infatti, non esiste alcun rischio di un eccesso metaforico e anzi la metafora è tanto più potente e significativa quanto più avvicina elementi apparentemente lontani e irrelati (in ciò richiamando la lezione di Tesauro e del suo Cannocchiale Aristotelico).

Infine, Spallanzani concludeva con A un fotone somiglia il mio amore, la storiella del fisico Franco Bosone, che dimostra la sovrapposizione quantistica e la elegge a modello del suo sentimento. Come già detto, in base al principio di sovrapposizione un fotone può trovarsi contemporaneamente in due stati, e solo l’osservazione farà “collassare” lo stato del fotone nell’uno o nell’altro. Allo stesso modo, pensa lo scienziato, io odio e amo la mia donna e solo quando ci penso (cioè mi osservo) il sentimento assume uno stato definito, mentre appena distolgo l’attenzione torna in sovrapposizione e mi fa disperare8. A quanto pare il testo fu ritenuto (a torto) troppo esoterico per degli alunni delle medie: ne restano la sinossi e il bel titolo.  Ma il tempo è galantuomo e i testi di Spallanzani ricominciano a circolare. Ad es. nel Raglio Quantistico di Peppe Liberti si cita estesamente, sebbene in maniera un po’ inesatta, l’Interpretazione quantistica etc.

Chiusa la parentesi, e tornando agli autori molteplici, è quasi inevitabile citare Pynchon (Entropia, L’integrazione segreta) e David Foster Wallace (Tennis trigonometria e tornado, Infinte Jest), ma forse l’autore che più si avvicina a Spallanzani9 è Michel Houellebecq, che nelle Particelle elementari utilizza gli studi di Bell10 e l’esperimento di Aspect sull’entanglement 11. Si legga il passo in cui uno dei due protagonisti del romanzo assiste al matrimonio del fratello e poi si rivolge al prete:

«Micheal allora gli parlò degli esperimenti di Aspect e del paradosso EPR: quando due particelle vengono unite, esse formano un tutt’uno inseparabile, “il che mi è parso in perfetta coerenza con quella storia di una sola carne”. Il sorriso del pastore si increspò leggermente. “Voglio dire,” proseguì Michael animandosi, “sul piano ontologico, gli si può associare un vettore di stato unico in uno spazio di Hilbert. Mi segue?”».

La frase richiede qualche chiarimento. In prima approssimazione, possiamo dire che due particelle subatomiche, nate dal decadimento di una particella madre, sembrano conservare un legame e assumono costantemente valori energetici opposti. Questa curiosa proprietà viene chiamata entanglement. Allo stesso modo, i due protagonisti delle Particelle sono nati dalla stessa donna e vengono segnati per tutta la vita dall’ingombrante personalità di lei, sviluppando ognuno una reazione opposta rispetto all’altro. L’idea dei doppi dal destino opposto ha una lunghissima tradizione in letteratura (il lettore sta certamente già pensando a Jeckil e Hyde), ma l’intuizione di Houellebecq sta nel cogliere l’aspetto dinamico del loro entanglement: col passare degli anni le loro personalità evolvono, restando però sempre opposte e reciprocamente incomprensibili12.

Tutto parte, cosa non rara, da Einstein: anche lui padre riluttante della teoria dei quanti, passava innumerevoli serate a presentare a Bohr le conseguenze paradossali a cui portavano per conseguenza logica gli assunti dell’Interpretazione di Copenaghen della meccanica quantistica. Ad esempio, diceva Einstein, prendiamo il caso di una particella di spin 0 (lo spin è il momento angolare intrinseco associato alle particelle ) che decade sparendo dalla scena in due altre particelle, identiche tra loro. Sebbene le leggi della meccanica quantistica non permettano alcuna certezza sulla direzione e lo spin delle particelle figlie, le leggi di conservazione impongono almeno la certezza della relazione tra le due13: qualunque sia la direzione di una, l’altra si muoverà in direzione opposta; e se l’una ha spin +1 (in unità di ħ), l’altra avrà spin -1.

Diceva Einstein, assieme a due sodali14: se le due particelle viaggiano per anni e anni, fino a essere separate da distanze siderali, e io intercetto una delle due in un certo posto e ne misuro lo spin, diciamo +1, so quindi istantaneamente e con certezza che una particella a svariati anni luce di distanza ha spin -1; ma la mia teoria della relatività mi dice che ogni informazione può propagarsi al massimo alla velocità della luce, per cui non c’è alcun modo di trasmettere informazioni istantaneamente a distanza (o in generale di trasmetterle a velocità maggiore di c, la velocità della luce). Orbene, se la teoria della relatività è corretta, l’entanglement non è possibile e quindi il legame tra le due particelle deve dissolversi con la distanza: entrambe le misure di spin devono essere casuali15.

Bohr, con la sua consueta pazienza, cercò (invano) di spiegare ad Einstein che infatti erano casuali nonostante il loro legame (non dissolto dalla distanza, nella sua interpretazione copenaghiana), visto che l’osservatore della prima particella non avrebbe comunque avuto modo di preavvertire l’osservatore della seconda di quello che avrebbe misurato, prima dell’osservazione stessa. Dopo l’esperimento di Aspect basato sul teorema di Bell lo sappiamo con certezza: Einstein aveva torto, e Bohr ragione.

Per quanto sembrino astruserie, le ricadute pratiche non sono piccole. Dalla proprietà di entanglement delle particelle quantistiche legate da comune origine sono derivati, oltre all’ispirazione del gallico Houellebecq, le prime realizzazioni sperimentali del teletrasporto16 e l’intero campo del Quantum Computing, la cui idea di base consiste nello sfruttamento del multiverso quantico per svolgere infiniti calcoli in parallelo17. Strettamente legato a questi è il concetto di crittografia quantistica, che sfrutta l’entanglement per far sì che un eventuale spione in ascolto dei bit (quantistici) scambiati tra A e B si riveli, modificando involontariamente il messaggio con il semplice atto di osservarlo. Peccato che Spallanzani sia morto nel 1997, quando questa nuova scienza era meno che neonata, altrimenti è indubbio che da simili spunti avrebbe ricavato il seme di nuove storie.

Un esempio, o due

Consideriamo ora il caso di una crudele faida tra due famiglie malavitose, una delle quali abbia come rampolli due gemelli. Il padre, dalla sua latitanza in un bunker inespugnabile, comanda l’uccisione del patriarca della cosca rivale, con mezzi particolarmente barbarici (non occorre e non é appropriato in questa sede fornire dettagli). Il figlio primogenito della vittima, che fino a quel momento si è tenuto bene alla larga dalle attività criminali dei suoi familiari, impegnato com’è da molti anni in una carriera di successo come fisico sperimentale in un importante laboratorio straniero, accecato dal dolore decide di rendere pariglia come la legge dell’onore comanda, ma perseguendo la vendetta trasversale secondo modalità a lui congeniali. Fatti rapire i due figli gemelli del mandante della morte di suo padre, li segrega in due stanze nel suo laboratorio, simmetricamente disposte rispetto alla sala in cui si svolgono i suoi studi sulle proprietà del pione neutro π0. Questa particella di spin 0, composta di un quark e di un antiquark, si annichila spontaneamente dopo circa 10-16 secondi in due fotoni di energia pari a

equaz2In ciascuna delle due stanze dove sono reclusi i gemelli c’è un rivelatore di fotoni predisposto per rompere la fiala di veleno nel caso che l’energia sia

equaz2

e lo spin +1; nulla accade se viene misurato uno spin di valore -1. In ogni evoluzione possibile della funzione d’onda uno dei gemelli è morto e la giusta dose di vendetta è compiuta, un morto per un morto18; ma il padre dei gemelli non lo sa ancora e i suoi sgherri, nel fare irruzione nel laboratorio (dal quale il fisico è ormai già fuggito), aprendo la prima delle due porte troveranno o un cadavere o un fratello che piange il suo fratello, e pur nell’incertezza della meccanica quantistica la certezza del ripristino dell’equilibrio di sangue.

Un’ultima considerazione: ricorderete che la curva letale della figura 1 non raggiunge mai il valore 1, ovvero la certezza della morte, pur approssimandolo sempre più da vicino. Ciò significa che quando la moglie di Schrödinger apre la porta ci sarà sempre una frazione dei possibili mondi quantistici in cui Schrödinger è vivo. Però il numero dei possibili mondi quantistici è infinito e di conseguenza infinito è il numero di Schrödinger vivi, che rendendosi conto del meccanismo mortale cui sono scampati capiscono anche, in base alla loro stessa teoria, che infiniti se stessi sono stati assassinati! Una frazione di essi (un numero quindi anch’esso infinito, per quanto piccola possa essere la frazione degli infiniti Schrödinger che nutre sentimenti sanguigni) sarà indotta a cercare vendetta. Gli basterà assassinare lo Sherlock Holmes del loro universo, o trovare un modo di spostarsi tra i mondi quantistici e dare la caccia allo Sherlock del nostro universo. In ogni caso, avremo un seguito della storia di Spallanzani.

Nota sui testi

Il lettore curioso potrebbe voler cercare i libri e i film menzionati da Spallanzani nell’Interpretazione etc. Io, per dire, l’ho fatto.

Quanto al “libro su Alessandria” del “cricetone”, fino ad oggi non sono riuscito ad appurare con certezza a quale testo si riferisse. Alcuni studiosi (ad es. il Popinga) hanno osservato che nel suo diario Spallanzani talvolta indica scherzosamente Umberto Eco come “il criceto”, forse per via delle guance paffute, o, come sostieni l’Aglietti, in quanto anagramma di “criteco”, rara grafia per “critico”.
Il libro quindi potrebbe essere Baudolino, che tratta di Alessandria e contiene effettivamente un enigma della camera chiusa. Tuttavia è stato pubblicato nel 2000: anche supponendo una lunga gestazione, è molto difficile che Spallanzani lo conoscesse, visto che è morto nel 1997. In senso contrario, Filippo Grassi ha osservato che Eco parla di Alessandria e Baudolino già nel Secondo diario minimo, del 1992, e che c’è un vago riferimento alla città anche nel Pendolo di Focault, del 1988 (quando Belbo racconta la tradizione del suo paese per cui non bisogna svelare il nome delle persone agli sconosciuti). Quindi è possibile che l’Umberto rimasticasse la sua storia da una dozzina d’anni, per cui l’identificazione con Baudolino (o con un proto Baudolino) non può essere affermata, ma neppure definitivamente esclusa.

Per gli altri libri, segnalo le edizioni più economiche, spesso reperibili anche sulle bancarelle.
Uncle Silas, di J. Sheridan LeFanu, 1865. A lungo semi sconosciuto in Italia, Lo Zio Silas è stato tradotto dalla Ed. Gargoyle nel 2008.
La coppa del cavaliere, Fino alla morte e È un reato, dottor Fell (ma il titolo corretto termina con un punto esclamativo) sono rispettivamente le traduzioni di The Cavalier’s Cup (1953), Till Death Do Us Part (1944) e The Dead Man’s Knock (1958), tutti di J. Dickson Carr, pubblicati nella collana I Classici del Giallo Mondadori rispettivamente ai nn. 505 del 1986, 636 del 1991 (ma con il titolo Un colpo di fucile) e 559 del 1959.
Le tre bare (The Three Coffins, 1935), sempre di J. Dickson Carr, nei Classici del Giallo Mondadori, n. 234 del 1976.
Il delitto alla rovescia (Chinese Orange Mystery, 1934) di Ellery Queen, nei Classici del Giallo Mondadori n. 398 del 1982. In realtà non è esattamente un delitto della camera chiusa perché una delle porte della stanza è aperta, però viene quasi sempre incluso nel canone.
L’enigma dello spillo (Clue of the New Pin, 1923) di Edgar Wallace, 1923, nei Classici del Giallo Mondadori n.697 del 1993.
La morte viene da Scotland Yard è il titolo italiano di The Verdict, film di Don Siegel del 1946, con Peter Lorre e Sidney Greenstreet, tratto da The Big Bow Mystery, di Israel Zangwill, 1892, trad. it. Il grande mistero di Bow, nei Classici del Giallo Mondadori n.606 del 1990.
Smallbone Deceased, di Michael Gilbert, 1950, trad. it. C’è un cadavere dall’avvocato, Ed. Polillo, 2008.
Le mystère de la chambre jaune, di Gaston Leroux, 1907, trad. it. Il mistero della camera gialla, nei Classici del Giallo Mondadori, n. 442 del 1984.
Il Mostro del Plenilunio (It Walks by Night, 1930) di J. Dickson Carr, nel Giallo Mondadori, n. 510 del 1958.

Note

1  Spallanzani, come Schrödinger, assume che il meccanismo che aziona il martelletto sia sensibilissimo, ovvero che per attivarsi gli basti l’interazione con una singola particella emessa da un singolo decadimento radioattivo; e assume anche che l’efficienza del sistema sia del 100%, ovvero che nessun decadimento radioattivo passi inosservato.

2  Difficile pensare che Spallanzani non se ne sia reso conto. Probabilmente il suo Sherlock Holmes sta solo mettendo in atto la strategia auto-assolutoria descritta nella prima parte dell’articolo: pur consapevole di essere lui l’assassino di Schrödinger, architetta un delitto della camera chiusa per illudersi del contrario [NDR].

3  C. E. Gadda, Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, Garzanti, 2007.

4  R. Musil, L’uomo senza qualità, Torino: Einaudi, 1996.

5  G. Manganelli, Il rumore sottile della prosa, Milano, Adelphi, 1994.

6  Ricordo anche «cantami l’uomo versatile e scaltro» dell’Odissea. “Versatile” si può forse rendere anche con “multiforme”, molteplice.

7  R. Boyd e Th.S. Kuhn, La metafora nella scienza, Milano, Feltrinelli, 1983.

8  Incidentalmente, segnalo che il primo programma per generare testi letterari (attribuito a Christopher Strachey e risalente al 1949) serviva a comporre lettere d’amore.

9  Tanto da rendere ipotizzabile una diretta ispirazione?

10  J.S. Bell, On the Einstein-Poldolsky-Rosen paradox, Physics 1, 195 (1964).

11  A. Aspect et al., Experimental Test of Bell’s Inequalities Using Time-Varying Analyzers, Phys. Rev. Lett. 49, 1804 (1982).

12  Prima dell’introduzione da parte di Dirac del concetto di antiparticella, era possibile pensare che l’eliminazione di Hyde fosse la soluzione al problema del gemello oscuro. Adesso la fisica ci toglie questa consolazione: Jeckil e Hyde possono annichilirsi a vicenda, ma le leggi di conservazione proibiscono la sopravvivenza di uno solo dei due.

13 Si noti en passant che vivere durante una rivoluzione scientifica causa dubbi non sempre evidenziati dalla narrazione standard della stessa: una volta messi da parte certi assunti della vecchia visione del mondo, come sapere quali sono ancora validi? Einstein assumeva che della vecchia fisica fossero ancora validi certi assunti, da cui derivano le leggi di conservazione. Incidentalmente, aveva ragione almeno su questo.

14  A. Einstein, B. Podolsky, and N. Rosen, Can quantum-mechanical description of physical reality be considered complete?, Phys. Rev. 47, 777 (1935).

15  Un esempio per visualizzare l’entanglement: si immagini un pistolero che tira in aria una moneta infinitesimale, e mentre è in volo le spara col suo revolver infinitesimale: colpita, la moneta si scinde in due sub-monete, con parabole divergenti. Il pistolero afferra al volo una delle due e grida “testa!”; curiosamente l’altra mostra croce. Ciò accade sempre e quindi non può essere un caso. È quasi come se le due parti fossero ancora un’unica moneta, e ciò accadrebbe anche se le due “figlie” si allontanassero alla velocità della luce. Pertanto due ipotetici osservatori non potrebbero comunicarsi l’un l’altro il risultato del lancio prima che l’osservazione di ciascuno dei due determini lo stato della sub-moneta dell’altro. Divagando, è come se i molti mondi esistessero davvero, ma in un unico spazio: in uno dei due si realizza l’evento (testa) che esclude necessariamente l’altro (croce), che però si realizza sempre necessariamente nell’altro mondo [NDR].

16  C. H. Bennett, G. Brassard, C. Crépeau, R. Jozsa, A. Peres, W. K. Wootters, Teleporting an Unknown Quantum State via Dual Classical and Einstein-Podolsky-Rosen Channels, Phys. Rev. Lett. 70, 1895 (1993); D. Bouwmeester, J.-W. Pan, K. Mattle, M. Eibl, H. Weinfurter, A. Zeilinger, Experimental quantum teleportation, Nature 390, 575 (1997).

17 P. Shor, Algorithms for quantum computation: Discrete logarithms and factoring, Proceedings of the 35th Annual IEEE Symposium on Foundations of Computer Science, 124 (1994).

18  Il fisico non ha motivo di odiare alcuno dei due gemelli, la morte di uno qualsiasi soddisfa il suo desiderio di vendetta.

2 risposte a Reinterpretazione dell’interpretazione

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