«Ma… ma certo che mi ricordo di te!». Mormori un nome a caso, masticando le parole «Mhmnm, giusto? Beh, stammi bene». Però l’omone ossigenato ti blocca.
«Dottore, sono il Gran Mogol della Fondazione Spallanzani,» sbraita «e tu non ci hai ancora mandato l’articolo. Invece di scrivere fai il giovinastro? Vieni subito con me!».
Sgrani gli occhi e dopo un attimo di sconcerto cerchi di replicare, ma niente: boccheggi, diventi paonazzo e, sotto lo sguardo strabiliato di V., lasci che il gigante ti tiri a sé.
«Ti teniamo d’occhio», bercia. «Che hai fatto? La premessa metodologica l’hai fatta? Ti raccomando di analizzare soprattutto “Contrappasso”, hai presente no?».
«Lei si sba…» cerchi di ribattere, ma ti ignora.
« É una storia di scambio di menti, capito? Il protagonista è il farmacista Tommaso Delgrano, cupo e avaro, derubato dall’apprendista e odiato dalla moglie».
«Ma cosa me ne…».
«Capito? E siccome è insonne, e avaro, Tommaso per dormire prende farmaci scaduti, finché una mattina si sveglia e, testuale, “non vede più dagli occhi, ma dall’esterno: come se si osservasse da una telecamera piazzata nello spigolo della stanza”. E sai qual è il bello?».
«Insisto a dire che lei…».
«Il bello è che tutto lo scambio vertiginoso si limita a questa frase! Perché poi il racconto continua come prima, con la terza persona di prima. Tommaso non scopre niente di nuovo: i maneggi dell’apprendista, le smorfie di sua moglie, cose note. Alla fine mentre è distratto le due serpi gli mettono il veleno nell’orzata. Lui alza il bicchiere, sta per bere, il racconto rallenta dolorosamente ma poi lui beve, e muore».
Ma come, ma non ha appena detto che Delgrano vedeva dall’esterno? Tuo malgrado, la faccenda ti incuriosisce. Perché beve l’orzata, non ha visto che l’hanno avvelenata?
Se vuoi mandare la Fondazione a quel paese, leggi il 18.
Se vuoi continuare ad ascoltare il maniaco, leggi il 17.
«Ma perché Delgrano beve?», domandi. «Non vede come una telecamera? Non ha visto che c’era il veleno?».
Ormai l’hiphopotamo ti ha trascinato fuori dal locale e ti avvolge nella sua ombra. «Dottore, ti sei chiesto con chi, esattamente, si è scambiato Delgrano?».
«No ma sa, sono un po’ provato…».
«Provaci, doc, provaci! Ma non l’indovinerai. Perché la risposta, ovvia e stupefacente allo stesso tempo, è “con l’autore del racconto”».
Ok. Ti rendi conto di essere solo, in una strada buia, con un grosso malato di mente. Meglio non contrarialo.
«Sì, vedo» mormori. «É ineccepibile».
«Essì,» sbraita l’individuo, «perché chi può descrivere gli eventi come se osservasse dall’esterno se non l’autore?».
Devi continuare a dargli corda, è l’unica speranza: «Certo… e allora nel personaggio di Delgrano chi ci è finito?».
«Ma la mente dell’autore!», esclama lui. «Alla fine del racconto è l’autore che guarda attraverso gli occhi di Tommaso e vede solo l’orzata un po’ torbida».
«Ma se Delgrano è nel corpo dell’autore» osservi, «allora è lui che fa bere il veleno al personaggio!».
«Già», conferma l’omaccione. «Il personaggio diventato autore si sta vendicando dell’autore che gli ha imposto una vita così triste. In verità, molti critici pensano che…».
A metà della frase il grassone fa una smorfia e cade in ginocchio. Con espressione agonizzante rantola: «il mio cuore… dottore, che cazzo stai facendo?».
«Don’t fuck up with the writer, ciccio… questa è la mia storia, mi hai rovinato la serata, perciò ringrazia che sono buono e ti lascio vivo ».
Lo lasci alla sua giusta punizione, torni di corsa in discoteca ma l’Ingegnere è andata via.
SKIANT!
Metanarrativa, puah! Sgancia il soldo e salta al 18 o al 15 (e poi al 16) per continuare.