Più o meno nei primi anni del ventunesimo secolo. Come tanti altri, noi avevamo ricevuto un’educazione progressista: fiducia nella scienza, differenza come valore, libertà dell’uomo etc etc, ma poi ci siamo accorti che le persone per cui tifavamo non ricambiavano la cortesia: stavano solo cercando di costruire un mondo a loro somiglianza in cui noi, umanisti pieni di dubbi e di vecchi scrupoli, avremmo avuto comunque un ruolo subalterno, e meglio ancora nessun ruolo.
Ci accorgemmo che le minoranza di cui difendevamo i diritti tendevano palesemente al circoletto e alla camorra. Il mondo era sempre stato un teatro e questa era semplicemente una recita nuova, da imparare faticosamente e con nessuna speranza di diventare bravi come quelli che avevano iniziato prima di te e sentivano a naso che non eri dei loro. La vecchia società era altrettanto ipocrita ma aveva raggiunto una certa stabilità, il copione non cambiava ogni due anni e potevi addirittura illuderti che non sarebbe cambiato mai, potevi in qualche modo adeguarti, non dovevi sospendere continuamente l’incredulità per convincerti che quello che predicavi ora era la stessa cosa che predicavi prima.
Durante la fase di cambiamento l’ipocrisia diventava palese e questo ti mandava al manicomio: non avevi quella duttilità, o mancanza di idee, che permetteva a tanti di vivere l’ideologia come moda. In cuor nostro avevamo sempre nutrito sfiducia per la maggioranza degli uomini, e adesso nutrivamo sfiducia anche per la minoranza. Non riuscivamo più a considerare gli altri come individui, erano sempre un gruppo o l’altro: gli unici individui eravamo noi e tutti gli altri si allontanavano, non era possibile fare davvero parte di qualcosa: in ogni gruppo c’era qualcosa di ripugnante, nel fatto stesso che si trattasse di un gruppo. I rapporti tra gli uomini erano intrinsecamente sospetti, persino l’amicizia era solo un raggruppamento più o meno casuale e instabile, dettato da non si sa bene cosa. Non c’era da aspettarsi nessuna coerenza e nemmeno reale comprensione, lo impediva il linguaggio stesso, specie nella forma demenziale che stava assumendo.
L’unica unione poteva essere fisica, ma non per tutti: c’erano persone, ad esempio noi, che non avevano esattamente un corpo: dovevano per forza passare attraverso il linguaggio e il linguaggio stava diventando un semplice gioco di società. Da questo un profondo orrore, un profondo disgusto del prossimo, tanto più forte quanto più parla e si avviluppa nelle sue sudice menzogne. Il desiderio angoscioso di una verità che sai non esistere, la condizione peggiore per affrontare la giornata.
P.S. da qui.
“Pare assurdo, ma è vero, che l’uomo forse il piú soggetto a cadere nell’indifferenza e nell’insensibilità (e quindi nella malvagità che deriva dalla freddezza del carattere), si è l’uomo sensibile, pieno di entusiasmo e di attività interiore, e ciò in proporzione appunto della sua sensibilità ec. Massime s’egli è sventurato; ed in questi tempi dove la vita esteriore non corrisponde, non porge alimento né soggetto veruno all’interiore, dove la virtú e l’eroismo sono spenti, e dove l’uomo di sentimento e d’immaginazione e di entusiasmo è subito disingannato.”
“Pare assurdo, ma è vero, che l’uomo forse il piú soggetto a cadere nell’indifferenza e nell’insensibilità (e quindi nella malvagità che deriva dalla freddezza del carattere), si è l’uomo sensibile, pieno di entusiasmo e di attività interiore, e ciò in proporzione appunto della sua sensibilità ec. Massime s’egli è sventurato; ed in questi tempi dove la vita esteriore non corrisponde, non porge alimento né soggetto veruno all’interiore, dove la virtú e l’eroismo sono spenti, e dove l’uomo di sentimento e d’immaginazione e di entusiasmo è subito disingannato.”