“Lo scandalo sessuale del grande centro di calcolo in Molise”

Inesausto di fallimenti, per un periodo Elia Spallanzani si baloccò anche con l’idea del grande romanzo generazionale, solo che per essere credibile i critici (vittime del solito pregiudizio mimetico) pretendevano che parlasse della sua generazione, e lui ormai andava per i settanta. Le uniche opzioni commerciabili sembravano la storia deprimente di un uomo anziano, solo, senza futuro, che si avvia verso la morte facendo agghiaccianti bilanci, oppure quella ancora più deprimente dello stesso uomo anziano, solo, senza futuro, che però all’improvviso scopre l’amore senile.

Il problema è che in realtà Spallanzani stava bene: anziano, solo e senza futuro, però aveva la pensione (appena lievemente intaccata dal pignoramento fiscale per quella vecchia storia della Bomarzo) e poteva fare il cazzo che gli pareva, incluso niente. Non aveva mai letto e scritto tanto come in quel periodo e la sola idea di ricadere nel noiosissimo groviglio dei sentimenti gli ripugnava. Immaginarsi un nuovo amore gli sembrava oltre che vano francamente ridicolo, però a detta dei critici il romanzo generazionale di un settantenne non poteva commercialmente prescindere da fatuità come il sesso e la morte: chi avrebbe mai letto la storia di un vecchio contento di cazzeggiare? Ricordiamo che negli anni ’80 i vecchi erano ancora vecchi, non come ora che attirano le sbarbine.

Allora Spallanzani tentò con la scrittura di costume, ma i suoi racconti realistici avevano il tono troppo argomentativo dei suoi racconti fantastici. Gli mancava quella grossolanità che il popolo identifica con la vita, e perciò suonavano deterministici, esemplari, meccanici, o comunque così li definiva la critica (perché sì, in effetti esisteva anche una piccola critica, nonostante Spallanzani non avesse lettori. Si trattava più che altro di amici cui Spallanzani mandava i suoi abbozzi, che in breve smisero di essere amici. Pur avendolo letto forse solo mezza volta, se non proprio mai, affilavano i loro strumenti critici sulla sua opera, e quindi, ignorandola, praticamente su di lui. Che è grossomodo la stessa cosa che capita per tutta la critica, da sempre, per cui i critici che si formano sulla teoria di solito non mostrano più acume degli “amici” di Spallanzani).

Tutte queste difficoltà comunque non fermarono il Nostro, che produsse ugualmente una “storia realistica” ambientata nel 1979. Il protagonista si chiamava Eduardo Orato (all’inizio Spallanzani aveva pensato a un nome più dinamico, magari americaneggiante, tipo Joe Colataro, ma poi aveva pensato che quando non ti pagano non hai nemmeno necessità di fare queste cose), e lavorava come tecnico dell’IBM. Eduardo Orato, diciamo. Che ha l’incarico di andare a controllare se funziona il centro di calcolo della Regione Molise. Questo delicato incarico non è che gliel’hanno dato a lui così, a cazzo: c’è tutta una storia dietro. Perché lo stato ha fatto una gara di appalto per scegliere la ditta che deve fare queste verifiche, e IBM l’ha vinta, ma per vincerla ha dovuto assumere dodici persone. E una di queste è appunto Orato, che nella vita è laureato ragioniere ma il padre, contadino, è andato a scuola con uno che da fascista è diventato democristiano, ma non ha dimenticato il compagno di ardimenti. E così Orato, assunto per raccomandazione all’IBM, senza sapere granché di calcolatori va a controllare come sta messo il centro di calcolo del Molise, che alcuni dubitano esista (il centro, no il Molise, che puccioppo è una solida realtà).

Nessuno si aspetta che Orato porti a termine il suo compito: alcuni gli suggeriscono di mettersi in ferie, altri di cominciare una causa di servizio, ma ecco il colpo di scena: Orato in cuor suo è comunista, ha subito la raccomandazione come un affronto ma era l’unico modo per rivoltare il sistema dall’interno! Adesso andrà in Molise e svelerà che coi soldi stanziati per il centro si calcolo hanno costruito due campi di calcetto e asfaltato la strada davanti alla casa della zia dell’assessore. E allora il popolo insorgerà!

Ma quando arriva nel paesino del Molise in cui teoricamente è stato realizzato il poderoso centro di Calcolo, incontra Maria. E grazie a lei scopre la succosità della cucina locale. Ogni giorno lo portano a spasso tra i boschi dicendogli “il centro? ma sicuro dottò, sta proprio dietro quella macchia di nocelle”, e ogni sera lo riportano a casa dalla passeggiata così lui affonda tra le morbide braccia di Maria, che gli prepara i tagliolini con una parte grassa del porco (qui Spallanzani annota “documentarsi sulle ricette tipiche del Molise, queste cose qua”). Dopo due mesi di vita agreste e di peccati della carne Orato deve tornare a Milano a riferire, e ha già scritto che il centro va benone ma servono altri finanziamenti e specie una mensa per i lavoratori, che mentre la si costruisce conviene fare una convenzione col ristorante “Da Maria”, roba genuina, di sostanza. Ed è proprio in questo momento di alta tensione narrativa che Spallanzani non si ricorda più come doveva finire la storia, né sente alcun interesse per la conclusione, e si chiede come mai lui, uno dei più grandi scrittori italiani, non riesca mai a finire un cazzo di racconto, ne andasse della sua stessa vita.

Perché quel formidabile scrittore che fu Elia Spallanzani aveva solo due difetti: uno, non si ricordava come finivano le storie che immaginava, e due non sapeva scovare titoli ad effetto. Per esempio il suo racconto incompiuto sullo scandalo sessuale del grande centro di calcolo in Molise si sarebbe dovuto intitolare “Lo scandalo sessuale del grande centro di calcolo in Molise”, e questo lo faceva sbellicare dalle risate ma poi guardandosi attorno scopriva che l’unico a ridere era lui mentre gli altri lo fissavano con un misto di pena ed imbarazzo e allora lui smetteva e per recuperare un po’ di dignità diceva di aver riso solo “ironicamente”, e siccome da molto tempo gli italiani avevano imparato a ridere per cose su cui assolutamente non c’era nulla da ridere, e in seguito non sarebbero più riusciti a far altro che ridere per cose su cui non c’era assolutamente nulla da ridere, per un istante anche Spallanzani pareva quasi normale.

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2 risposte a “Lo scandalo sessuale del grande centro di calcolo in Molise”

  1. lastlightx ha detto:

    a me il titolo ha sempre fatto sbellicare, e non ironicamente, sto messo peggio dello spallanziano

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