Elia Spallanzani cominciò a interessarsi di computer durante la sua famosa e sfortunata corrispondenza con Calvino, ma fu solo nei primi anni ’80 che il Nostro riuscì a procurarsi a rate un Olivetti M24*.
Da quel magnifico dilettante che era, Spallanzani non usò il marchingegno per imparare la programmazione, bensì come spunto o pretesto per le più deliranti divagazioni, che per altro spesso annotava a mano invece di usare l’avanzatissimo (per l’epoca) Wordstar: perché, diceva, aveva paura che l’Olivetti diventasse troppo furbo e gli rubasse le idee, come avevano già fatto tanti.
Tra le molte illuminazioni dell’Elia oggi ne scegliamo una che ha a che fare con il gioco della vita, il mito e l’etnologia. Il titolo è nostro** ma il resto è fedele e religiosa trascrizione.

“Su una rivista per computer c’era un articolo su un giochino chiamato “wa-tor”, che simula un mondo toroidale ricoperto dall’oceano in cui vivono pesci e squali. In base a semplici regole le due popolazioni si diffondono, mangiano, si riproducono***.
Pesci e squali sono rappresentati da puntini sullo schermo e ogni turno di gioco il computer verifica per ognuno se hanno spazio intorno per muoversi (mare libero), nel qual caso li muove casualmente, e se si riproducono o muoiono (gli squali per fame, i pesci perché mangiati dagli squali). Il tutto ripetuto per migliaia e magari milioni di volte, finché le popolazioni non trovano un equilibrio ciclico o si estinguono.
Sembrava una versione più sofisticata del “game of life”, quel macinino di punti bianchi e neri che ha affascinato tanto i matematici (essi guardano ammirati la polvere). Ho cercato di riprodurlo ma col basic veniva lentissimo e triste. Inoltre in alta risoluzione ho solo due colori a schermo e ce ne volevano almeno tre. Alla fine ho ripiegato su una versione fatta con i caratteri, e per via di un errore credo di aver scoperto qualcosa.
Il mio oceano toroidale era molto piccolo, solo 80 caselle per 25. Il mare era rappresentato da caratteri vuoti, i pesci da zero e gli squali da uno. Dopo le prime inevitabili false partenze, le schermate piene di immondizia, i cazzotti sulla tastiera e le bestemmie, in scarse due settimane sono riuscito a far girare il programma ed è apparso il grigio e avvilente pianeta testuale di wator, con le sue nuvolette di zeri e le spruzzate di uno.
Ogni ciclo temporale richiedeva un paio di minuti di calcoli, quindi mi sono messo a cercare un modo per rendere più efficiente la routine e nel farlo come sempre ho rotto quel che era sano e sullo schermo sono apparsi anche numeri diversi da zero e uno. Dopo circa un quarto d’ora, equivalente a una quindicina di cicli, nei banchi di 0 sono comparsi gruppetti di uno, poi di due, poi di tre, finché dopo mezz’ora c’erano alcuni sei circondati da aloni di numeri digradanti. Allora ho bestemmiato di nuovo, a lungo e con abnegazione, finché mi sono accorto che spostando una virgola avevo ordinato all’oliva di stampare a schermo non l’esistenza del pesce, ma la sua età.
Essì, perché come dicevo prima il programma contempla anche l’invecchiamento dei pesci, che iniziano a riprodursi solo dopo tot cicli temporali e dopo un altro tot muoiono di vecchiaia, se non vengono mangiati prima dagli squali. Il mio programma quindi ogni turno stampava per errore l’età di ogni pesce.
Stavo per correggere la routine quando mi è venuto in mente che forse era più interessante così. Allora ho semplicemente assegnato lo zero agli squali, per evitare confusioni coi pesci giovani, e ho fatto ripartire il programma.
Dopo aver guardato per ore una ventina di simulazioni, posso dire con relativa certezza che le popolazioni di pesci “anziani” si formano se e solo se vengono circondate da pesci più giovani. Insomma, emerge spontaneamente una specie di “effetto gregge” per cui le popolazioni giovani diventano una barriera antisquali.
Ora, è inevitabile legare questo fatto al Minotauro. Già. Perché i greci mandano in sacrifico a Minosse sette ragazzi e sette ragazze? In generale, perché i sacrifici di giovani e di bambini in tutte le culture, in tutti i miti?
Per quel che so, la spiegazione comune è che i giovani rappresentavano “primizie”. Inoltre nell’ottica cristiana le vergini dei greci avevano qualcosa di prezioso. Ma secondo me forse era solo il ricordo indistinto di una tecnica di sopravvivenza pratica e reale: sacrificare ai predatori gli esemplari deboli e ancora inadatti alla riproduzione per consentire ai maturi di sopravvivere e, forse, imparare. Tra l’altro, è abbastanza ovvio che tra le popolazioni primitive una donna restava vergine solo fino al momento della maturità sessuale, o poco più. Non la sacrificavano perché valeva di più, ma di meno, per loro.
E tutto questo col tempo spiega anche i film dell’orrore di oggi, con l’assassino mascherato che colpisce sempre ragazzi alla soglia della maturità sessuale. Il vero motivo non è, come dicono tanti, una sorta di bigottismo che vuole punire il sesso come peccato, ma un ricordo molto più antico, molto più pratico e feroce, sul quale si è depositata solo una sottile maschera religiosa.
E tutto questo è legato al fatto che l’uomo è forse l’unico animale capace di accumulare e usare conoscenza in modo così efficace da rendere un individuo adulto più utile di un giovane.
Il sacrificio dei giovani come nascita della civiltà. Altro che le scemenze di Freud sul sacrificio del padre: quello è successo molto tempo dopo.”
Note
* Su questo punto, come al solito, le versioni divergono. Un vecchio alunno di Spallanzani sostenne infatti velenosamente che l’M24 era in realtà della scuola e che il Nostro, portatoselo a casa con la scusa di aggiustarlo, non lo rese mai. Altri ricordano invece che il computer era sì della scuola, ma giaceva inutilizzato nel “laboratorio” aka sgabuzzino, perché dopo averlo pagato caro e amaro nessuno sapeva farlo funzionare: quando alla fine l’Elia riuscì a farlo partire, il corpo insegnante e bidellante fu talmente spaventato dal rumore della ventola e dalla prospettiva di doverci mettere mano che “casualmente” qualcuno ci rovesciò sopra una moka di caffè, e quindi se Spallanzani lo trafugò fu in realtà per salvarlo.
** Bisogna avvertire che molti non considerano Wa-Tor un automa cellulare vero e proprio, perché le sue “cellule” si muovono. Naturalmente tutto dipende da come si definisce l’automa. Il discorso potrebbe anche essere interessante, ma con un pubblico ignorante come quello di oggi sembra fiato sprecato.
*** È possibile, ma è anche solo una nostra ipotesi, che Spallanzani si riferisse all’articolo pubblicato nell’agosto 1985 sul numero 43 di MC Microcomputer, che includeva anche un listato per Apple II. Invece è improbabile che l’Elia abbia avuto accesso all’articolo originale dell’inventore di Wa-Tor, pubblicato nel numero di dicembre 1984 di Scientific American e intitolato “Computer Recreations: Sharks and fish wage an ecological war on the toroidal planet Wa-Tor”. Ciò in quanto lo Spallanzani, forte tempra di patriota, leggeva raramente la stampa forestiera, e senza entusiasmo.