Quando i frangesi occuparono Napoli per esportare la repubblica, i giacobbi locali pubblicarono aulici proclami di libertà pieni di riferimenti mitologici. Persino qualche intellettuale dell’epoca, nonostante appunto la sua intellettualità, si rese conto che per una popolazione incapace di leggere poteva risultare un messaggio non tanto chiaro. Il famigerato poppolo voltava gabbana ogni quindici giorni e palesemente attendeva solo il momento per dedicarsi alla rapina, che considerava una specie di suo diritto ancestrale: ogni generazione doveva avere il suo carnevale, la sua occasione di arraffare qualunque cosa capitasse a tiro, e questa speranza risarciva ogni sopruso.
Il poppolo napolitano, del resto, non stava poi malissimo: privo di un’istruzione cui non dava alcun valore, privo della libertà di cui non avrebbe saputo cosa fare, riusciva bene o male a campare la vita grazie al costo limitato del cibo e allo spettacolo continuo offerto da se stesso. Si stava molto peggio nelle province, ma lì intellettuali agitatori di poppolo non se ne vedevano, perché accorrevano tutti nella capitale dove almeno la sera c’era un po’ di vita. Il poppolo della città, assolutamente corrotto e cinico, era il più turbolento ma il meno adatto a ribellarsi, e quello delle campagne il più succube di preti e signorotti medioevali (i cui figli istruiti stavano tutti a Napoli a suggere sorbetti, spettegolare, sognare repubbliche e infilare saporose citazioni latine in proclami che nessuno sapeva leggere).
La situazione si riproduce, si riproduce, si riproduce… duecento anni dopo la maggioranza della popolazione è emigrata dai paeselli virtuali alla grande città di facebook, dove il minimo non costa nulla e l’intelligenza e la libertà nulla valgono. Continuare il parallelo sarebbe pedante.
P.S. La polizia borbonica aveva una tale paura delle idee liberali, del resto pochissimo diffuse e solo tra persone pressoché impotenti, che giunse addirittura a censurare un articolo di giornale sulla costituzione del bambino, pretendendo che si intitolasse “la conformazione del bambino”. Spesso la censura colpiva vignette che non avevano nessun significato politico, ma proprio perché venivano censurate la gente le supponeva significative per cui, come in un gioco enigmistico demenziale, si accaniva a immaginare la catena di passaggi che doveva condurre dalla figura di una donna nella tinozza all’elogio della repubblica. In breve tempo le idee censurabili diventarono un po’ come il sesso, una cosa di cui nessuna persona educata poteva parlare ma che proprio per questo sembrava sottintesa in ogni discorso, anche quello sul prezzo delle carote. L’effetto paradossale di quel terrore si ritrova anche nelle pratiche censorie attuali, che inducono soggetti miti, pacati e inoffensivi a sbombolettare “ne@ri!” nei cessi delle accademie, ridacchiando come scellerati.
P.P.S. Che l’Italia sia un paese di preti, di sbirri e di sfaccendati è confermata dalla storia. Fino a 150 anni fa due terzi del paese erano così e la conquista da parte dei piemontesi in definitiva si è risolta nella corruzione dell’ultimo terzo. Invece di piemontizzare il sud, si è borbonizzato il nord. Oggi il ruolo dei preti è ricoperto, oltre che dai preti strettamente intesi, anche dagli insegnanti, e quello degli sbirri anche dai pensionati.
(da qui)
se doveste dare una definizione di compagno, quale sarebbe?
Il compagno è solo un borghese che si ignora.