Anche se forse esistono dei metodi per cercare di raddrizzare le personalità malate, da trent’anni a questa parte si è scelta invece la strada, più semplice, di storpiare la società. I medici della psiche sono diventati corruttori del mondo. La terapia individuale è diventato un catechismo basato sull’ossessiva ripetizione della frase “ti devi voler bene, non c’è niente di male in te”. Se la società appare malata di mente è perché lo è. Il comportamento collettivo non può essere spiegato in altro modo che con la malattia mentale, una forma di narcisismo di massa non disgiunto da una certa degenerazione organica delle funzioni cognitive, una demenza da sovralimentazione.
P.S.
Anni fa, parlando con una persona che cercava con le migliori intenzioni di convincerci ad andare da uno psichiatra, dicemmo qualcosa del tipo “e a che ci serve uno psichiatra? A scoprire qualche trauma del passato? Ma noi l’abbiamo già scoperto, e quel trauma non si può dimenticare né guarire: e se anche fosse possibile, farlo vorrebbe solo dire non essere più noi”.
Ieri sera in televisione abbiamo visto Star Trek 5, vecchio e alquanto miserabile episodio della serie in cui il fratello (!) di Spock sequestra l’Enterprise per andare a cercare il paradiso. Riesce ad accativarsi l’equipaggio con una sorta di fusione mentale che svela a ognuno la fonte del suo dolore e lo “libera”: ad esempio, scopriamo che McCoy ha praticato l’eutanasia al padre malato, e che non se lo perdona perché poco dopo scoprirono una cura. Il fratello di Spock lo convince che in quel momento era la cosa giusta da fare etc.
Poi usa la stessa tecnica su Spock, che ricorda in terza persona il momento della sua nascita (!) e l’espressione sprezzante del padre perché era “quasi umano”. Ma Spock resta indifferente.
Poi, propone a Kirk di “curare” anche lui dal suo dolore, e il capitano risponde “e secondo te io dovrei scoprire che nella vita ho sbagliato, che ho voltato a sinistra quando avrei dovuto voltare a destra? Ma io lo so già. Io non voglio che prendi il mio dolore perché questo dolore mi serve”.
Star Trek 5 è del 1989, sicuramente l’avevamo già visto da ragazzi, anche se non ci ricordavamo quasi nulla a parte le buffe scene iniziali della scalata. Quello che dice Kirk (la sua larga, onesta, convinta faccia da americano) non è esattamente una considerazione originale o sorprendente, quindi non è detto che ci siamo ispirati a lui: si poteva giungere autonomamente alle stesse conclusioni, giuste o sbagliate che fossero. Ma il pensiero tragicomico che quella che chiami pomposamente la tua etica derivi da Star Trek, da un singolo, lontano episodio semi cancellato, un fatto che viene dalla spazzatura, dal grande deposito di luoghi comuni dell’intrattenimento di massa, è inevitabile.
Il punto è: anche in questo caso, l’hai sempre pensato. Vederlo non cambia niente, ne può cancellare il passato o liberarti: e se potesse, diventerebbe la vita di un altro. Evidentemente non soffri ancora abbastanza, non sei ancora al punto in cui preferiresti sparire completamente ed essere qualcos’altro. Tutto lascia presumere che a quel punto ci arriverai, quindi affrettati a dire quello che hai da dire finché sei tu.