Se fai dell’archeologia un giallo, non stupirti che poi sembra artificiale

Circa sessant’anni fa nel monastero di Mar Saba viene scoperta la copia di una lettera di Clemente Alessandrino a un certo Teodoro che tratta del vangelo segreto di Marco. Clemente sostiene che l’apostolo scrisse un vangelo “più pneumatico”, più spirituale di quello destinato alla massa, e che i seguaci di Carpocrate hanno aggiunto al testo delle falsità, o comunque delle cose che, anche se in parte vere, non sono “veramente belle, veramente vere”. Quindi Clemente riporta due brevi passi del presunto vangelo segreto, che in quello noto non esistono: nel primo Cristo resuscita un ricco giovane che prende ad amarlo e lo ospita per più giorni, ma Clemente precisa che è falsa l’aggiunta dei seguaci di Carpocrate per cui i due sarebbero stati “corpo nudo a corpo nudo” (gumnos gumno)*.

Tuttavia, si sospetta che la lettera di Clemente sia falsa, e anzi nell’ultimo ventennio questa è diventata la tesi prevalente. Qui potete leggere un articolo abbastanza divertente sul presunto vangelo e sulla banale ma complicata macchina che trasforma la gente studiata in pagliacci: l’unico problema è che è inutilmente verboso e quindi non l’abbiamo letto tutto.

Una delle maggiori difficoltà nello stabilire se la lettera è genuina è che il documento è scomparso, ne ne restano solo delle foto e quindi non si possono fare esami sulla carta o sull’inchiostro. In queste condizioni, gli studiosi si sono sbizzarriti e hanno detto praticamente di tutto: che Cristo fosse gay, che lo scopritore/falsificatore della lettera fosse gay, che tutta la vicenda è ispirata a un vecchio romanzo, etc etc.

La nostra ineducata impressione è che la lettera sia falsa perché non si capisce bene il senso della risposta di Clemente a Teodoro: gli parla di questo presunto vangelo segreto dicendo che se ne deve a ogni costo negare l’esistenza e quindi non si capisce perché lo fa, in quanto o Teodoro sa già del vangelo, e allora non c’è bisogno di dirglielo, oppure non sa, e allora non si vede perché svelargli che esiste.

Tra gli elementi che ci fanno dubitare della genuinità della lettera di Mar Saba c’è anche la sua strana collocazione. Il testo (greco con grafia datata al 18simo secolo) sarebbe stato scritto su 3 pagine bianche di un volume a stampa del 1646 contenente le opere di Ignazio di Antiochia. Recuperando la scansione di quell’edizione, si nota che è una raccolta delle “vere” lettere di Ignazio con l’aggiunta di quelle apocrife che “circolano tra il popolo” e in più con la c.d. “Lettera di Barnaba”. Ora, per quale motivo lo scopritore della lettera di Clemente sul vangelo segreto di Marco avrebbe dovuto copiarla (in parte, interrompendosi sul più bello) sui fogli bianchi di un volume che contiene anche lettere apocrife? Se pensava che fosse vera, perché metterla lì?

Si noti per altro che la “lettera di Barnaba” che chiude il volume quasi certamente non è di Barnaba. Più precisamente, è stato proprio Clemente Alessandrino ad attribuire erroneamente quella lettera a Barnaba (attribuzione confermata anche da San Girolamo, ma considerata dubbia già in epoca antica). Inoltre, Barnaba è anche il fratello-cuggino di Giovanni alias Marco l’evangelista (Marco aveva un nome ebraico e uno romano, come Paolo ed altri). Quindi un ignoto giocherellone, dopo aver letto le noiose lettere vere di Ignazio e la sua improbabile corrispondenza con la Vergine Maria, e dopo essersi sciroppato anche lo pseudo Barnaba, avrebbe potuto collegare Clemente e Marco in un’altra bella lettera falsa e lasciare questa beffa alla posterità.

Colpisce anche il fatto che dopo la scoperta della lettera i fogli sono stati tagliati e poi sono spariti. Perché tagliarli e isolarli dal contesto, se non per occultare la cornice di falsità che abbiamo descritto?

Ma a parte questo, ci viene in mente un’altra cosa: circa due secoli dopo Clemente, San Girolamo in una lettera invita Eliodoro a “seguire nudo Cristo nudo”, frase che molti secoli dopo diventerà il motto dei francescani e verrà applicata anche ai Valdesi e ad altri. “Nudo a nudo” quindi potrebbe aver avuto da sempre un senso spirituale e non fisico, e del resto che Carpocrate e compagni fossero una banda di lussuriosi e pervertiti era opinione dei loro nemici (tra cui Clemente), mentre non sappiamo che facevano davvero, visto che dei loro scritti non è rimasto quasi nulla. Può darsi benissimo che, gnosticheggianti com’erano**, intendessero per “vestiti” la carne, e che l’uomo nudo simboleggiasse colui che si libera dalle catene del mondo.

Quindi la lettera di Clemente potrebbe anche essere vera senza cambiare praticamente nulla della dottrina: esisteva un vangelo “riservato” di Marco che è stato leggermente rimaneggiato per eliminare delle frasi che potevano dare adito a mormorazioni, benché queste esistessero più nelle menti dei difensori della fede che nel testo. Fraintendendo alcune dottrine gnostiche, questi difensori troppo zelanti finirono per “iper correggere” il testo, tanto che la versione “per adulti” del vangelo è sparita insieme a quella degli eretici. Ma l’immagine del giovane che si spoglia per seguire nudo Cristo è rimasta in giro ed è tornata nel significato più semplice e accettabile di privarsi dei beni.

In ogni caso, la presunta lettera di Clemente Alessandrino, anche se probabilmente falsa, appare verosimile. E, nell’ipotetico mondo disegnato dalla lettera, questo vangelo “per iniziati” non è nemmeno quello definitivo, poiché si dice che Marco comunque non scrisse tutto, non rivelò le cose veramente segrete, veramente sublimi, ma lasciò dei segni per giungere alla verità sette volte velata.

Il fatto è che per noi moderni risulta faticoso concepire un mondo in cui la tradizione orale è privilegiata rispetto a quella scritta, mentre nella realtà è stato a lungo così: notoriamente Platone fa dire a Socrate che la scrittura è un guaio perché indebolisce la memoria e le figure disegnate se interrogate non rispondono, e nel ii sec. d.c. Papia, citato da Eusebio, dice che lui ai libri non ci tiene tanto, preferendo parlare direttamente con i testimoni (che nel suo caso sarebbero niente meno che apostoli, o almeno persone che avevano parlato con gli apostoli). Inoltre non solo la scrittura mortifica la spirito, ma si presta pure a delle manipolazioni, come sarebbe appunto accaduto col vangelo segreto caduto nelle mani dei Carpocrazioni e da loro alterato.

L’autorità, quindi, si stava spostando dalle persone ai testi: se è “scritto” allora sarà vero, e se è scritto mille volte sarà ancora più vero, da cui l’esplosione dei testi e la lunga battaglia della chiesa per stabilire un canone a botte di filologia e arbitrio. E nel tempo l’accanirsi su metodi quantitativi e statistici produce per forza un’altra conseguenza: che gli strumenti per individuare i falsi diventano anche strumenti di falsificazione. Infatti messi in una tabella o in un computer tutti i termini usati da un certo autore, con le loro frequenze e i loro legami, diventa relativamente facile costruire testi che sono quantitativamente indistinguibili da quelli “veri”.

Il che è proprio quanto si suppone sia accaduto con la lettera di Clemente: su quel testo sono state fatte analisi di una precisione delirante e il risultato è che le frequenze delle parole sono molto simili a quelle tipiche dell’autore, e nel caso del presunto frammento di Marco sono addirittura “più tipiche” di quanto uno si aspetterebbe. E non solo: l’autore del falso avrebbe anche modificato il testo del vangelo nella maniera in cui Clemente tende a modificarlo nelle opere che gli sono attribuite, ad es. eliminando la “n” eufonica nei casi in cui è superflua (cosa che i vangeli non fanno).

Il processo che indichiamo si ripete con le immagini: la creazione di modelli e di statistiche per studiare le immagini permette di costruire immagini realistiche, anche video, audio, etc. Il mondo sintetico non è altro che un mondo scritto, che diventa sempre meno attendibile***. Da cui l’istintivo ritorno alla percezione “diretta”, alla testimonianza (per quanto assurda) dello sconosciuto incontrato al bar (perché TU l’hai sentito e TU sei reale), al video amatoriale e quindi genuino. E al di sotto l’assoluta certezza che ci sia un segreto.

Continuando a divagare, ci si accorge subito che l’unico settore in cui la tradizione orale viene ancora considerata superiore allo scritto è, ovviamente, il processo. I testimoni possono in certi casi usare dei documenti ma solo come “ausilio alla memoria”, che non a caso è lo stesso identico termine usato per indicare le prime raccolte di detti degli apostoli. Allora per forza tutti i processi su fenomeni vasti (la mafia, i servizi) o di forte impatto emotivo prendono col tempo la piega di controversie dottrinarie, e viceversa. Per stabilire chi dice il vero si passa quasi senza accorgersene dalla disamina dei fatti alla coerenza delle dichiarazioni rispetto a un modello ideale della società da cui provengono, il che ovviamente implica dare per già noto quello che si dovrebbe scoprire. Questo, per l’inesorabile necessità di semplificare che è alla base di ogni modello, conferisce al mondo esaminato (ma in realtà creato) una coerenza che probabilmente non aveva.

Le gesta dalla banda degli apostoli vengono girate e rigirate finché non tornano, ma la generazione successiva troverà la sentenza troppo chiara, troppo SEMPLICE, e si metterà di nuovo a rimestare fino a concludere che non possiamo sapere niente di certo. L’evoluzione dei settori è perfettamente parallela, il dna al posto del carbonio 14, la “profilazione” al posto delle tabelle di frequenza dei termini: identico, per forza, anche il progresso dei metodi di falsificazione; l’archeologia come giallo, il giallo come archeologia, tutte ovvietà****.

* Secondo alcuni interpreti questo giovane sarebbe lo stesso che, quando Cristo viene catturato, fugge perdendo il mantello che lo copre (episodio presente nel vangelo canonico), ed anche lo stesso che le donne vedono quando entrano nel sepolcro.

** Incidentalmente, da molto tempo è stato tracciato un legame tra i movimenti di riforma medioevali e la gnosi: in altre parole, lo “spogliarsi” è stato inteso di nuovo come un rifiuto del fittizio mondo-prigione in cui gli Arconti ci hanno piombato.

*** Si consideri l’esplosione di Beirut del 4 agosto 2020: moltissimi hanno pensato subito che “sembrava un film”, e ciò per la banale ragione che oggi le esplosioni dei film sono realizzate mediante modelli fisici che simulano esplosioni reali. Questo iperrealismo a pensarci non ha quasi nessun senso, perché nessuno ha mai visto nella realtà esplosioni simili e quindi nessuno, in fondo, dice “cazzo sembra vero!”. Succede esattamente il contrario e quindi il fatto vero si tinge di falsità. Naturalmente a furia di ripetere esplosioni realistiche il cinema ha creato uno standard dal quale non ci si può più allontanare: ma questo, si ripete, è avvenuto spesso senza alcuna necessità e di fatto restringendo le possibilità espressive, solo per rientrare in un canone scelto in maniera piuttosto arbitraria. Il tutto non è senza conseguenze perché l’esplosione vera che sembra un film SEMBRA UN FILM e quindi c’è sotto qualcosa.

**** Forse vale solo la pena dire che i metodi archeologici e scolastici sono penetrati più profondamente nel nostro sistema che in altri, specie per via della pretesa che il giudice motivi in maniera logicamente ineccepibile. Per molti secoli non è stato così, anzi spesso la motivazione era segreta, e ne resta in un certo senso traccia nelle corti popolari. L’impossibilità di valutare rigo per rigo la correttezza formale del “ragionamento” impediva di scrivere sentenze sulle sentenze, di creare un vero e proprio settore di metodologia ed ermeneutica delle decisioni, quasi fossero dei trattati. D’altro canto ogni veleno ha in se il suo antidoto e infatti il problema della motivazione produce sentenze di trentamila pagine che è praticamente impossibile esaminare, si fa prima a ripartire daccapo. L’unico problema è il costo di tutto questo giochetto.

Informazioni su eliaspallanzani

Blog dedicato etc
Questa voce è stata pubblicata in apocrifa, cluedo, imposture, oziosità, paranoia. Contrassegna il permalink.

Una risposta a Se fai dell’archeologia un giallo, non stupirti che poi sembra artificiale

  1. Pingback: Anonima risorti: io sono vivo e voi siete morti | Fondazione Elia Spallanzani

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.