C’è un legame tra paure profonde e orientamento politico? La domanda ci è venuta in mente guardando questo schema:
Viene subito da osservare che i complotti più inverosimili richiamano alla mente del lettore italiano la destra americana, o meglio quella piccola parte della destra americana, la più ignorante e pericolosa, che la sinistra porta continuamente alla ribalta e denuncia come se rappresentasse l’intero spettro dell’opposizione. E la sinistra americana, complotti non ne immagina? E la nostra?*
Il complottismo è sempre legato alla paura e allora viene appunto da chiedersi se ci sia una differenza tra le paure di chi si dichiara progressista e/o di sinistra e chi si dichiara conservatore o più schiettamente fascista. Di seguito indicheremo i primi come compagni e i secondi come camerati, così, per ridere, e ben consapevoli che le cose sono più sfumate. Noi stessi notiamo che la distinzione tende a sovrapporsi con quella “formalmente istruiti / laureati all’università della vita” o ancora più semplicemente “esposti alla concorrenza / non esposti”, ma la sovrapposizione non è totale.
Comunque il nostro assunto, o gratuita intuizione, è che la paura inconscia prevalente tra i camerati sia quella di essere tolti dal centro della scena, mentre quella dei compagni, specularmente, è di essere scoperti: perciò i primi reagiscono spesso con l’isteria e i secondi con l’ironia.
Inoltre i camerati per paura tendono ad aggiungere elementi al mondo (immaginando complotti), mentre i compagni tendono ad eliminare elementi del mondo (costante negazione della realtà). La divisione, ripetiamo, non è così netta: ci sono complotti anche a sinistra e negazioni anche a destra.
La paura dei compagni (di essere smascherati come inutili nullità) ha prodotto, attraverso il rovesciamento tipico della loro forma mentale, la c.d. sindrome dell’impostore, cioè la convinzione definita irrazionale (ma in realtà quasi sempre corretta) che non sono all’altezza della propria posizione e non meritano i privilegi che hanno.
Invece i camerati, avendo una struttura mentale più semplice, di norma rimediano alla loro paura personificando i fenomeni (metodo antichissimo) e alimentando la propria paranoia, che li rimette sempre al centro della scena (LORO vorrebbero farli fuori, ma non ci riusciranno).
Oltre che per una differente paura fondamentale, i due gruppi sembrano caratterizzarsi anche per due metodi complottisti diversi. Al riguardo potremmo distinguere tra complottisti rozzi (i camerati), che hanno bisogno di prove false per andare avanti, e complottisti maestri, cui basta un teorema iniziale e la mancanza di prove gli fa anche piacere (i compagni).
Anche questo profilo si nota la tendenza dei camerati a “rendere concrete” le loro paure (attribuendo i cambiamenti che non gli piacciono ad organizzazioni segrete che lasciano tracce ovviamente false come i verbali dei loro incontri) e l’opposta tendenza dei compagni a impoverire di concretezza il mondo (anche quando dietro tutto il male ci sono le multinazionali ciò avviene praticamente per necessità logica, senza bisogno di alcuna prova: io so, ma non ho le prove, ma non cambia niente).
Per fare un esempio, si potrebbe dire che “paradossalmente” la prova che Stalin era un fascista consiste nel fatto che cercava di cambiare il passato alterando le foto, con un falso materiale e sgamabile. Il vero compagno progressista invece avrebbe usato il falso ideologico, sostenendo e insegnando che chi vedeva più persone nella foto era un analfabeta funzionale.
Questo potrebbe spiegare anche come mai i camerati tendono a creare miti e i compagni antimiti. Il fatto che molti “creatori di mondi” (es. Lovecraft, Tolkien, etc) siano considerati “di destra” non è forse un caso. E i compagni? Senza un’immaginazione visiva e concreta è difficile scrivere romanzi di successo, quindi il loro campo è più quello della predica e della tesi, e forse anche del giallo (dove, col solito rovesciamento tipico etc, temendo sempre di essere scoperti assumono il ruolo opposto, quello dell’investigatore).
Ci eravamo già occupati di qualcosa di simile in passato e ci ripromettiamo di approfondire il discorso.
*Notare che l’italiano medio compagno progressista si raffigura gli americani come boccaloni pronti a credere in qualsiasi complotto e non sa che gli americani sfottono noi italiani perché siamo arrivati a coniare il termine “dietrologia”, tanto è diffusa la mania complottista. Per altro, ciò che in America suonerebbe un complotto in Italia assume il carattere del “segreto di Pulcinella”. In Italia “si sa” che lo stato organizzava le stragi ed era un’emanazione degli americani, della mafia o della massoneria: l’italiano è innanzitutto terrorizzato all’idea apparire poco informato.
Leggendo ho pensato a quello che Gadda chiamava “delirio interpretativo”, anche se non ricordo se derivasse dalla paura.
delirio interpretativo nostro o… dei COMPAGNI?
Quando ho commentato mi riferivo ai complottisti di cui scrivete ma ricordavo male, perchè Gadda ne “La cognizione del dolore” scrive che: “la ossessione di Gonzalo (e il suo “delirio interpretativo”)… nasce e discende invece “dagli altri”, procede dagli altrui errori e dalle altrui, singole o collettive, carenze di contegno sociale. Ha per origine, ed elegge quindi a sua cible polemica, la follia e la cretineria “degli altri”.
Ah, appunto. Vedi anche https://eliaspallanzanivive.wordpress.com/2020/10/16/the-gonzalo-effect/