Nemo metallaro in patria

I. Tanti anni fa nel paesello in cui abitavamo sorse un gruppo di metallari. Erano i primi della loro specie in loco e una sera d’estate salirono sul palchetto della musica, dando sfogo a tutta la loro provinciale metalleria. Noi, ragazzini, guardavamo con un certo stupore ma il resto del pubblico (il tipico pubblico delle sagre e delle festicciole paesane) restava silenzioso e amorfo: non applaudiva, ma nemmeno protestava o fischiava, e sembrava più che altro un gregge di pecore che aspettasse mitemente la fine di un temporalino estivo. Allora il leader del gruppo metal se ne adontò: si era sbattuto, aveva gridato parole forestiere, si era rotolato in terra schiumando dalla bocca nella sua migliore imitazione di una possessione satanica proprio davanti alla chiesa del patrono e quella gente di merda non alzava nemmeno un sopracciglio! Noi percepimmo totalmente la sua frustrazione, la chiara e micidiale certezza che era impossibile scandalizzare quella gentucola: che non erano nulla, e quindi non potevi fargli nulla. Fu allora che il cantante, apostolo del male ma in effetti, come tutti sapevano, figlio del fornaio del paese, mollò di botto il microfono e a voce nuda sbraitò come un ossesso IO SONO LA RESUSCITAZIONE DI CRISDOOOOAHOHAHOAA!!!”.

Ma nemmeno questo servì: nel tremendo silenzio che piombò sulla piazzetta quando si fu spenta l’ultima eco delle sue palore, l’unico rumore avvertibile era un risolino soffocato e interminabile. Eravamo noi. Un momento dopo l’altro la gente si voltata a guardarci, ridevamo solo noi. Perché ridevamo? Ridere da soli è da pazzi, o comunque è sconveniente: si mostrano pur sempre i denti. Così scappammo dalla piazzetta tenendoci la mano sulla bocca perché non potevano smettere, non riuscivamo in nessun modo a smettere e sotto quella tragica maniacale risata pensavamo deve pur venire il giorno che morite tutti quanti sporche pecore e maiali a a a deve pur venire.

Da allora, si può dire, niente è più cambiato.

II. Una volta andammo in Inghilterra, il tizio che ci ospitava era uno sfegatato metallaro e come molti della sua razza aveva l’aspetto pacioccoso e bonario del sergente Garcia. Ogni volta che andavamo in giro con lui, che tra l’altro sapeva benissimo l’inglese per averlo imparato ascoltando le canzoni metallare mentre noi sapevamo solo due parole, gli inglesi scambiavano noi per inglesi e lui per spagnolo, e pensando di farlo contento gli dicevano la magnana e buenas dias. La sera gli piaceva intrattenerci facendoci sentire per ore e ore i dischi di death metal o brutal metal o qualche altro tipo di metal e l’unico modo per non mandar a cagare il nostro ospite rimaneva drogarci. Il che era facile perché il tizio abitava in un quartiere in cui erano tutti spacciatori e tutti forestieri: il più settentrionale della zona doveva essere un pugliese che una sera si presentò a casa di Garcia palesemente drogato e ci raccontò una storia confusa e inverosimile di nergi che lo cercavano per fargli la pelle per bisticci di droga, storia che tra l’altro si rivelò perfettamente vera perché alle tre di notte qualcuno cercò di sfondare la porta e spaccò a cazzotti i vetri a losanga spruzzando sangue per tutto il corridoio. Ma noi ce ne rendemmo conto solo con grande ritardo perché nel frattempo stavamo subendo l’insopportabile musica metallara del sergente Garcia sotto l’influsso delle pasticche portate dal pugliese, per cui tutto sembrò più che altro una specie di incubo balordo, e la mattina dopo quando scoprimmo che il corridoio era davvero sporco di sangue, la porta davvero sconquassata, e il pugliese era davvero sparito, al principio pensammo che qualche mostro orrendo era uscito dai dischi del sergente e ne aveva fatto scempio: per cui ci mettemmo altre due ore prima di renderci conto che insieme al pugliese era sparito anche il portafogli del sergente. Allora lo accompagnammo dalla polizia e gli sbirri inglesi appena lo videro gli dissero “buenas dias!”.

III. Come abbiamo detto i metallari sono quasi sempre buoni, timidi, introversi, ingenui, ma ci sono anche i metallari cattivi, che gli altri metallari di norma individuano subito come “falsi metallari“, personaggi viscidi e calcolatori che assumono solo le forme esteriori del metallaro ma non ci credono davvero. Quasi sempre questi maledetti partono come veri metallari ma poi si lasciano corrompere e quindi sono doppiamente odiosi perché chi non ha mai avuto un ideale è solo un miserabile mentre loro sono anche dei traditori. Non solo: di nascosto ascoltano anche musica non metalla e in certi casi si danno alla politica. Noi stessi abbiamo conosciuto un metallaro che si candidò a sindaco del paese, per di più coi compagni. Organizzò anche un concertino metal coi fondi del comune e forse per la prima volta nella storia si vide un tizio con la faccia dipinta di nero e rosso che prima di attaccare con gli sbraiti ringraziava l’assessore e tutta la giunta per il sostegno dato ai giovani. Naturalmente nella sua schifosa doppiezza invitò quasi solo gruppetti di finti metallari (in alcuni c’erano addirittura delle donne…) e quindi il popolo la prese come una specie di carnevale. Era chiaro che il suo scopo finale consisteva nel creare una vera e propria SAGRA DEL METALLO, con bancarelle e specialità culinarie, e se questo tentativo di buttare definitivamente il genere nella merda e rigirarcelo fino alla caramellizzazione fallì è solo perché nel frattempo vinse il concorso da carabiniere.

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