L’annoso problema dei compagni col rolex

L’annoso problema dei compagni col rolex non sarà mai risolto finché non si capirà che i compagni italiani non sono contro la ricchezza, ma solo contro il mercato. Non vogliono che i prezzi siano stabiliti dalla domanda e dall’offerta, preferirebbero stabilirli loro. Questo è tutto, e in fondo su questo sono d’accordo anche coi liberali italiani*.

Nel frattempo, i compagni non si sentono in imbarazzo per i loro privilegi, che chiamano diritti perché li hanno ottenuti secondo le regole del sistema democratico e capitalistico che dicono ingiusto. Loro vorrebbero cambiare la società, ma “estendendo” gratis i loro “diritti” a tutti**. Il che è palesemente impossibile e quindi non succederà mai, ma possono aspettare, loro.

Nel frattempo (nel frattempo, nel frattempo) loro hanno “diritto” anche di esibire il benessere che si sono meritatamente guadagnati stando al gioco del sistema che dicono di voler cambiare. Altrimenti cosa dovrebbero fare, regalare i soldi agli altri? Ma questa sarebbe carità, e i compagni odiano la carità perché è umiliante. No, i poveri devono restare orgogliosamente poveri e a loro deve provvedere lo stato, non i compagni, che dal canto loro pagano le tasse proprio per questo.

Perché loro, i compagni, spesso sono dipendenti pubblici e quindi non possono evadere le tasse se non con una certa difficoltà (mentre gli è relativamente facile evadere il lavoro), e quindi siccome pagano le tasse altri obblighi verso la società non ne hanno.

Non gli viene il dubbio che tutte le tasse che pagano loro, tutte insieme, non basterebbero a pagare i loro stipendi. Perché con le tasse si pagano anche quelli, anzi quasi solo quelli. Loro pagano le tasse e quindi moralmente stanno apposto: la fonte reale della loro famosa superiorità morale è questa, che pagano le tasse. Infatti forse l’unico modo per insegnargli l’umiltà, che cos’è, sarebbe non trattenergli le tasse sullo stipendio, in modo che possano evadere un po’ anche loro e così scendere al livello dell’italiano medio: come per gli asceti che si vantano della loro purezza, mandargli due puttane nella grotta e vedere che succede: metterli un po’ alla prova***.

* Il principale difetto dei liberali italiani è che credono che per essere liberali basti odiare i compagni, non rilevando che poi ci si comporti esattamente come loro: stessa ipocrisia, stessa disonestà intellettuale, stessa vita a spese della comunità, identica tendenza alle conventicole e camorrucole. In pratica i liberali italiani si riducono quasi sempre a dei “compagni che si ignorano”. Fortuna che sono pochissimi.

** Al riguardo si noti che l’attivismo dei compagni nel campo dei “diritti civili” è un esempio di attività di sostituzione. Non potendo raggiungere lo scopo originario, che era quello di determinare loro i valori delle merci, ripiegano sul determinare loro i valori degli atteggiamenti.
Indossare certi vestiti, pronunciare certe parole, tagliare un pezzo di carne non hanno il valore e il significato che “la tradizione” (cioè il sedimento del mercato) e la prassi (cioè il mercato in atto) gli attribuiscono, bensì quello che stabiliscono i compagni. Sono loro a dirti cosa significa e cosa implica passare una notte a bere insieme a dei ragazzetti arrapati; loro a dirti se il vestito fa o meno il monaco, e quando, e per quanto tempo bisogna ricordarsi di cosa faceva il monaco prima di diventare monaco.
Come in tutto il regno animale, l’attività di sostituzione ha un carattere parossistico (pensare al cane in gabbia, al pollo che raspa perché non può superare lo steccato) ed è segno e sostanza della frustrazione, e la frustrazione è il gradino che precede la rabbia: il che spiega anche la facilità con cui i compagni, ove pur solo implicitamente contraddetti, si abbandonano al più sfrenato odio buono.

*** Perché non c’è merito a restare puri se non hai tentazioni, e non c’è merito ad essere compagni senza rischiare nulla, a voler cambiare la società vivendoci comodi, a insegnare il dubbio senza viverlo, a insegnare l’uguaglianza, senza viverla, e la giustizia, senza patirla, e l’amore, senza rendersene indegni.

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