Una cosa sparisce quando non serve, compresa la verità

Da sempre le persone non valutano l’informazione in base alla verità del suo contenuto, ma solo in base all’utilità che credono di trarne (anche come semplice intrattenimento). Quindi man mano che la vita diventa più sicura qualunque cosa tu faccia, e meno controllabile qualunque cosa tu faccia, l’importanza della verità diminuisce.

Una volta sapere se in una certa foresta c’erano i briganti poteva fare la differenza tra la vita e la morte, mentre oggi tu puoi aggirarti più o meno dappertutto senza grandi rischi, e inoltre non hai quasi nessun potere di influire sulla situazione. Nella foresta i briganti possono esserci o meno, per te cambia poco: sai che ci sono sbirri, telecamere, medici ed ospedali, assicurazioni, tutto un immenso meccanismo che quasi certamente ti salverà, e che tu non puoi migliorare o peggiorare perché sei solo una minuscola rotella di un meccanismo così grande che non riesci nemmeno a immaginarlo.

A questo punto le notizie sulla foresta diventano un puro svago. Quest’anno ci sono i briganti, oppure non ce ne sono, o magari sono briganti ALIENI: per te non cambia assolutamente nulla, in fondo sai che non possono farti quasi niente e che tu non puoi farci niente. La tua sicurezza, che è anche la tua impotenza, esclude che possa interessarti la verità. Pensa all’Afghanistan, sii onesto: che cosa ti importa di cosa sta succedendo davvero in Afghanistan? Può toccarti in qualche modo? Puoi farci nulla? No, e allora può accadere qualsiasi cosa, e più è sfiziosa meglio è.

Probabilmente l’epoca d’oro delle notizie vere (perché utili a decidere) è nata con le assicurazioni, e non a caso in Inghilterra, che ha conservato per secoli la fama di paese con giornali seri. Sul punto, la storia dei Lloyd’s di Londra è istruttiva. Contrariamente a quello che molti pensano i Lloyd’s non erano una compagnia di assicurazioni ma un mercato assicurativo: nascono semplicemente come un caffè in cui si riunivano armatori e uomini d’affari. Il gestore del caffè ci teneva a raccogliere informazioni sulle navi in circolazione e le sue notizie erano più fresche ed affidabili di quelle delle autorità pubbliche: questo permetteva “scommesse” più razionali sulla sorte delle navi. La qualità dell’informazione dipendeva dalla sua utilità: notizie false provocavano valutazioni errate e scommesse perdenti. I giocatori non solo rischiavano, ma si sentivano anche in grado di influire sul gioco: se le notizie non fossero risultate affidabili, almeno sarebbero andati in un altro caffè.

E’ evidente che oggi il lettore non crede di rischiare e non crede nemmeno di poter capire o influire: riceve passivamente qualsiasi idiozia, pieno di una paura vaga e quindi inutile, eppure in qualche modo è anche certo di essere una pedina non sacrificabile: ha paura di non sa cosa ed è certo di una cosa falsa, tanto è vero che più un rischio prende corpo e meno lui vuole vederlo: il virus arriva a grandi passi e lui non ci può credere, la catastrofe ambientale arriva più lenta ma altrettanto sicura e lui ridacchia. Legge le notizie per distrarsi, per ridacchiare, e allora perché stupirsi che non conta se sono vere? Ma la paura non lo abbandona, una strana e informe paura che sta al confine tra l’angoscia e l’ottundimento.

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