Cosa accomuna i maestri reazionari come Atpsd e mr. Totalitarismo? A prima vista si direbbe la carenza di figa, ma la realtà è più grave: a loro, come a tutti i non compagni istruiti, manca la comprensione dell’amore: cosa sia, perché sia, donde venga. E questo spiega la loro palese inferiorità rispetto ai compagni, che ovviamente nemmeno hanno mai capito cosa sia, ma almeno hanno trovato un incasellamento che gli permette di non porsi più la domanda: l’amore è un diritto.
Messa così, la soluzione appare di una stupidità ripugnante, ma come molte soluzioni ripugnanti è efficace: l’amore-diritto si predica facilmente, basta usare gli stessi slogan usati per cinquant’anni per le rivendicazioni salariali e chiedere altre leggi, più controlli, carceri e corsi di recupero. Il problema dell’amore diventa puramente distributivo: come per i soldi, i compagni pensano che l’amore sia una risorsa infinita e che basti organizzarne la distribuzione.
Per i non compagni avvertiti invece il problema rimane, il nucleo assolutamente contraddittorio dell’amore rende tutto incomprensibile, il mondo è un processo di crescente insensatezza e anche la fantomatica figa diventa solo un segno scarsamente decifrabile, contraddittorio, desiderato freddamente, disprezzato con cura.
P.S.
Consideriamo spassionatamente: ATPSD è un uomo (uomo?) così abile nel fotomontare immagini e slogan e così privo di scrupoli nel diffondere notizie false che potrebbe lavorare in qualsiasi grande quotidiano italiano: potrebbe persino dirigerlo. Allora perché nessuno assume ATPSD? Come al solito la risposta è semplice: questo individuo è privo di compagnanza. È un isolato, quindi è inaffidabile, perché non è ricattabile. In Italia l’affidabilità è funzione della ricattabilità, che sua volta è funzione della compagneria. ATPSD non si sa nemmeno chi è. In ogni caso, il solo fatto che non usi il suo nome è già una prova che non vuole prestarsi al gioco, perché il bugiardo seriale utilizzabile deve “metterci la faccia”: è proprio la sua faccia, la sua reputazione, che spende a favore della causa.
Le menzogne anonime non hanno valore, i finti paradossi sparati senza firmarsi sono troppo a buon mercato. Anzi l’anonimo potrebbe persino dire ogni giorno la verità e non per questo i compagni lo perseguiterebbero, perché resterebbe comunque irrilevante. Di fronte all’anonimo persino il popolo è in grado di dubitare, e anzi si può dire che ormai dubita sempre e solo per questo. Gli si può far bere qualsiasi idiozia, tranne quelle che vengono da un anonimo. Si potrebbe dire che ciò è smentito dalla faccenda di “Q”, ma quello non è veramente un anonimo.
Secondo la favola, Q è un tizio che sta nel mazzo di carte e si nasconde dietro uno pseudonimo per proteggersi, e a questo la gente può credere. Ciò che non riesce a concepire è che una persona seria usi un nome di piuma così, per principio, e non per qualche motivo pratico. Addirittura la gente potrebbe anche conoscere nome e cognome di ATPSD senza per questo ritenerlo più affidabile: l’uso gratuito dello pseudonimo, si ripete, è già di per sé un comportamento incomprensibile e censurabile, un rifiuto delle regole base di qualsiasi compagnamento.
E lo è anche per quasi tutti i sedicenti non compagni, che spesso sono semplicemente compagni di destra invece che di sinistra: anche per loro ATPSD è un isolato, imperscrutabile e non utilizzabile balordo. Per fare il salto di qualità, cioè per diventare un pagliaccio attendibile, rispettato, ufficiale, ATPSD dovrebbe firmarsi con tutti i suoi nomi e cognomi, ma ormai deve essere caduto nella peculiare trappola psicologica dell’anonimato, e cioè quella che ti fa credere che solo perché sei anonimo stai dicendo cose che ti causerebbero dei problemi se si sapesse chi sei.
Ciò detto, intorno ad ATPSD rimane un mistero: la domanda che tutti indubbiamente ci poniamo è KI LO PACA? Perché lui (lei?) non è come noi o mister totalitarino, comuni vittime del liceo classico che in nessun caso potrebbero vendere ciò che scrivono e che quindi scrivono così, tanto per fare. No: ATPSD sa fare i DISENII; sa fare LE GRAFICHE. Il suo tempo quindi ha un certo valore, anche se molto più basso di una volta. Magari ha fatto pure qualche onesta scuola tecnica o un liceo scientifico di quelli “sperimentali”, senza latino. Allora perché continua a produrre gratuitamente?
La semplice risposta è KUALKUNO LO PACA, ma chi può essere? In Italia la cultura non compagnesca è praticamente priva di fondi, sopravvive solo grazie alle collette, per cui l’unica spiegazione che resta, nonostante tutto, è che ATPSD lo pagano i compagni. Dev’esserci tipo qualche progetto finanziato dall’unione europea e gestito da qualche università di provincia da cui viene drenata una minima somma mensile per pagare ATPSD, tanto nessuno controlla.
L’obiezione “ma perché i compagni dovrebbero pagare uno che gli va contro” è molto ingenua. Nel grande processo del finanziamento i destinatari finali degli spiccioli contano poco: ciò che conta è il processo di erogazione stesso, follemente arbitrario, macchinoso e costoso, che assorbe il 90% delle somme e quindi abbisogna di decine di amministrativi tutti compagni che fingono di occuparsene mentre scrivono l’ennesima recensione finto giovanilistica di una serie televisiva. Evidentemente ATPSD un bel giorno per puro caso è finito tra i destinatari del finanziamento e da allora continua a riceverlo, perché per i compagni sarebbe troppo faticoso controllare, e poi se anche glielo togliessero lui ricorrerebbe al Tar del Lazio, con le drammatiche conseguenze che tutti possiamo immaginare.
P.P.S.
Alcuni nostri lettori oltre ad essere non paganti si permettono anche di sostenere che usiamo il termine “compagni” con troppa disinvoltura e per indicare non si sa bene cosa. Ora, è vero che in Italia di compagni propriamente detti non ce ne sono, se ce ne sono mai stati, ma i compagni che diciamo noi sono pur sempre soprattutto compagni: sono di destra o di sinistra, poveri o ricchi, hanno le più varie idee politiche (e in particolare quasi sempre nessuna) e ciò nonostante rimangono innanzitutto “compagni”, formano gruppi il cui unico collante è far parte del gruppo, insomma la compagneria come elementare sistema di sopravvivenza e, più nello specifico, di difesa dalle insidie della concorrenza. I compagni sono tutto intorno a noi, si muovono sempre in gruppo, si lodano reciprocamente o anche litigano, è perfettamente indifferente perché tanto, come il cane e il coyote del cartone, in fondo prendono lo stipendio dalla stessa fonte. Tendono spesso ad esibire versioni semplificate e grottesche delle vecchie idee della sinistra, ma non è strettamente necessario: anzi, col tempo si sono emancipati e ormai qualsiasi non-idea è alla loro portata.
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