Ieri sera hanno rifatto “In time”, un film di fantascienza di una decina d’anni fa in cui al posto del denaro si spende il tempo: dai 25 anni in poi gli uomini smettono di invecchiare fisicamente e ricevono un anno di tempo che funge da soldi: lo spendono per comprare roba, lo guadagnano lavorando (o lo rubano) e quando il tempo finisce muoiono di colpo.
Il mondo è diviso in zone di tempo man mano più ricche e nelle ultime vivono i privilegiati che hanno migliaia di anni a disposizione. Il costo del tempo-denaro è determinato dai banchieri del tempo e sale di continuo, in modo da estorcere più lavoro ai poveri operai. Il protagonista diventerà una sorta di Robin Hood.
Quasi tutti i commenti sul film affermano che l’idea di partenza è “geniale” ma lo sviluppo è sciocco e banale. In realtà come al solito la gente capisce le cose a rovescio, perché lo sviluppo è necessariamente modesto proprio a causa della povertà dell’idea iniziale. Il mondo di “In time” vorrebbe essere una trasposizione di quello reale grazie al banale parallelo “tempo-denaro”, e invece proprio per questo è un mondo precapitalistico, un mondo medievale in cui i signorotti alzano le tasse a piacimento per spremere la gente, e quindi è inevitabile che questo sfondo produca vicende alla Robin Hood.
Nel mondo di “In time” sembra che non esista l’elemento che caratterizza il sistema capitalistico, e cioè la macchina. L’unico modo di ottenere più merci è far lavorare di più la gente con la frusta dell’inflazione, mentre nel nostro mondo il problema è esattamente l’opposto: le macchine producono di più con meno lavoro, quindi semmai ci servono più consumatori, non più lavoratori.
Il lavoro di “In time” è ancora in gran parte tutto “vivo” invece che cristallizzato nelle macchine, e infatti il mondo futuro sembra un po’ più arretrato del nostro: non ci sono cellulari, veicoli a guida autonoma, redditi di cittadinanza per aumentare i consumi, non c’è niente di tutto quello che rende il mondo reale una complessa trappola: c’è soltanto la vecchia storia del re ingordo e del ladro buono, e date le premesse non poteva andare altrimenti. Ne deriva che il motto reale del nostro tempo è proprio l’opposto di quello di “In time”: il tempo non è denaro. Come anche il fallimento della Fondazione dimostra, nella maggioranza dei casi il nostro tempo non vale nulla.
(Conoscendo il livello medio dei lettori, saremo ancora più semplici: il tempo che abbiamo speso per scrivere questo post ci sarà pagato zero, ossia il valore del tempo che voi avete speso per leggerlo).