Chissà da dove è uscita questa cosa di dire “la fidanzata storica”. Ci sono persone comuni, carrozzieri, salumanti, regi notai, che parlando con te dicono in tutta serietà “eh, sai, ieri ho rincontrato la mia compagna storica…”, come se tu di quella “storia” avessi avuto notizie dai giornali scandalistici, o come se l’aggettivo potesse aiutare ad orientarti tra le decine di compagne del carrozziere, salumaio, regio notante. “Come sarebbe storica?”, chiedi stupidamente: “Vuoi dire Mariangiangela, quella con cui sei stato vent’anni finché non ti ha detto minchia Gustavo, sei diventato una persona meschina e orrenda?”. “Sì sì proprio quella”, esclama lui deliziato, come se si complimentasse con te per averla individuata nel mare delle sue compagne “non storiche”, e anche con se stesso, per aver dato indicazioni così felici. “E dici Mariangiangela allora, dio porno. Tu con due donne sei stato, e una ti sopporta ancora. La tua compagna storica. Ma che cazzo dici, dio sauro. Ma come cazzo parli? Di che storia parli? La tua vita non è “storia”, non è ancora materia di insegnamento. Aspetta almeno di crepare prima di avere qualcosa di storico”. Ma tutto questo non lo puoi dire perché sarebbe ingeneroso e le relazioni sono importanti, e diventano sempre più rare: devi mostrare comprensione, umiliare la tua intelligenza, stare al gioco e mormorare sì sì, la tua compagna storica, come no, ho capito perfettamente, non dire altro, ti prego, ora lasciami andare: ho da fare cose misteriose.
P.S. La fortuna delle parole dipende anche dalla (spesso fortuita) consonanza tra pronuncia e senso. Ad es. “implementare”, ubiquo sinonimo di realizzare e ormai anche di fare (“sto implementando un cacatone”): nell’emissione accidentata fa pensare a uno che gira lento il cacciavite.