Nel secondo capitolo di “Sette notti” Borges racconta un suo incubo: incontra un amico, lo vede malridotto, nota che tiene una mano nascosta e quando gli dice “sei molto cambiato” si manifesta l’orrore del sogno, che non sveleremo ma che è mostrato con parole quasi identiche nel racconto di Borges “Juan Muraña”, pubblicato nel 1970, che ha a che fare con le solite vendette e i soliti coltelli sudamericani.
È stato davvero un sogno che è entrato di nascosto nel racconto e anni dopo viene citato nella conferenza? Qualcosa ci dice (inutilmente, essendo la prova impossibile) che non è andata così, perché nella stessa conferenza Borges rammenta un altro suo incubo, quello del re norvegese ai piedi del suo letto, e dice, “lo utilizzai per un sonetto”. Ora, perché Borges non dice che usò anche il primo sogno, quello della mano? Possibile che il vecchio pazzo l’abbia dimenticato? Noi modesti lettori abbiamo subito riconosciuto il racconto e lui no, che l’ha scritto? Juan Muraña era stato pubblicato solo 7 anni prima della conferenza: la dimenticanza è improbabile.
L’ipotesi più semplice è che sia uno dei soliti giochetti e depistaggi di Borges. Voleva vedere se qualcuno coglieva. E magari non è vero neanche che usò il sogno del re in un sonetto (che infatti non ricordiamo, ma pur avendola letta praticamente tutta, in generale ricordiamo la sua poesia molto meno della prosa).
Più facile ancora che Borges abbia voluto convincersi di aver sognato (noi, che non ricordiamo mai i sogni, tendiamo sempre a fare così). Per far diventare la sua invenzione sogno Borges ha dovuto eliminare il contorno, cioè il racconto, e questa volta gli è riuscito: mentre non gli è riuscito di convincersi che i suoi sogni ricorrenti (lo specchio, il labirinto) fossero genuini e non finti sogni, cioè divinizzazioni di ciò che pensava da sveglio.
Quel che colpisce Borges nel rievocare il presunto sogno della mano è proprio la “preparazione” dell’effetto, il fatto che la sua mente abbia costruito la scena e nascosto a lui spettatore l’elemento terrificante, che è tale solo perché (appunto) la rivelazione è preparata dal particolare della mano nascosta. La sua mente ha agito come un narratore, per la banale ragione che lui quella storia l’aveva già narrata e preparata: del resto anche nel racconto la scena avviene in sogno.
Dunque? Borges ha accuratamente costruito una scena per poi dimenticarsela e crederla un sogno? E se anche fosse? Non è sempre lui nella stessa conferenza a dire che forse nei sogni noi vediamo pure immagini (le immagini dell’eternità, niente di meno) e poi solo nel ricordarle le montiamo in un racconto? Che lui abbia montato il sogno prima di sognarlo o dopo non fa grande differenza. Agli occhi di dio, intendiamo.
P.S.
Abbiamo ritrovato parte di “Sette notti” mentre cercavamo i nostri vecchi materiali ruolerecci. Sono fotocopie, manca la copertina e circa un terzo del testo. Abbiamo anche trovato le fotocopie di “Io venia pien d’angoscia a rimirarti” di Michele Mari, che è il suo unico testo lungo che si può leggere, e sempre di Borges l’Antologia della letteratura fantastica, però di questa solo trecento pagine circa su seicento.
Queste copie devono risalire a circa 25 anni fa. A quei tempi il pirataggio informatico era ancora molto limitato e quindi se volevi un libro che non si trovava nei negozi dovevi andare in qualche biblioteca a fotocopiarlo (in teoria potevi anche ordinarlo, ma ad es. all’epoca Mari non era ancora famoso e i suoi libri non si trovavano nemmeno nei magazzini, e poi comunque comprare un libro che non hai potuto almeno guardare, soppesare, sfogliare, per noi era impensabile). La mancanza di pagine si spiega col fatto che ai tempi fotocopiavamo un sacco di libri, ci voleva tempo ed aveva anche un costo e quindi tendevamo a saltare cose inutili come le copertine e/o le introduzioni (quasi sempre pure espressioni di vanità) e anche a copiare solo i pezzi che ci sembravano promettenti. Da qualche parte dobbiamo avere altre decine di migliaia di fotocopie, perché la cosa assurda (e il segno che la nostra era già una mania) è che spesso dopo aver tanto faticato per ottenere la copia il suo aspetto miserabile ci intristiva: l’impossibilità di rilegare ci tormentava: la difficoltà di sfogliare ci induceva a non leggere nemmeno la mappazza di fogli, che si accumulava sulle altre in attesa che (pazzia) ci decidessimo a scannerizzare tutto, reimpaginare e ristampare fronte retro in maniera decente.