Quando avevamo 13 anni un amico ci fece per la prima volta da master a d&d. Rimanemmo subito fulminati dal gioco e quando ci disse che lui aveva a sua volta un master lo pregammo di farcelo conoscere, nemmeno fossimo entrati in una specie di massoneria di cui quel tizio sconosciuto costitutiva l’apice. L’amico ci spiegò che, giustamente, il suo master era un pezzo grosso, uno che non faceva giocare chiunque: per giocarci bisognava praticamente pregarlo, tanta era la sua scienza e maestria. Alla fine riuscimmo a incontrare questo tizio e lo tampinammo a lungo ma lui ogni volta ci rimandava a qualche suo discepolo perché, diceva, non eravamo ancora di livello abbastanza elevato. Questi discepoli, che poi erano i suoi giocatori, facevano anche loro i preziosi e una volta convinti ad operare imbastivano storie del tutto sconclusionate e, come capimmo quasi subito, non sapevano nemmeno le regole. Allora ci comprammo i manuali e cominciammo a fare noi i master, ma non riuscimmo mai a raggiungere la fama e l’alone di mistero del primo, indiscusso maestro, né riuscimmo mai a giocare con lui: anche perché con una mossa stereotipata ma elegante nel frattempo era passato dai giochi di ruolo al rock satanico. Come sempre noi marcivamo nelle vecchie abitudini mentre la gente di talento andava avanti. Poi il tizio sparì.
Negli anni sentimmo vaghi resoconti delle sue mosse, sempre più stereotipate nella loro eterodossia, ma allora non avevamo preso ancora questo brutto vizio di disprezzare l’umanità e ci parevano cose sbalorditive. Finito il liceo, un giorno qualsiasi trovammo il tizio in treno. Ovviamente di noi non si ricordava nemmeno. Dopo aver penosamente cercato di risvegliare i suoi ricordi finse di riconoscerci e ci raccontò l’episodio della sua vita che apparentemente giudicava più importante in assoluto: a sedici anni era scappato di casa per andare a trovare Burzum. Burzum. E chi è Burzum? La domanda lo agghiacciò. Come. BURZUM! Quel Burzum! Quello che aveva ucciso il suo batterista, o chitarrista. Comunque aveva ucciso qualcuno! Tant’è che stava in galera! In Svezia! E lui l’era andato a trovare in galera! Perché così si fa! Quando vuoi fare il rock satanico! No le pugnette!
Ci disse tutto questo ma noi non capimmo. Solo molti anni dopo leggemmo la ridicola quanto tragica storia di questo Burzum. Ci rimase solo la vaga impressione che il satanismo fosse una cosa molto poco seria in confronto a d&d.
Comunque, ai tempi del ginnasio l’unico disponibile a farci ogni tanto da master di d&d era un tizio che chiameremo Silvestro. Persino nel suo bizzarro gruppo di provenienza Silvestro veniva considerato praticamente un mentecatto, per cui a volte lo cacciavano e lui veniva a farci il master. Non era uno di quelli accaniti con le regole, anzi ne sapeva pochissime e a modo suo, però ci teneva a impersonare tutti i ruoli disponibili e quindi giocare con lui era più o meno come assistere a uno spettacolo teatrale in cui un solo spiritato faceva tutte le parti. L’esempio classico di partita con Silvestro era più o meno così:
Silvestro: “Entrate nella sala del trono e, blearg, davanti a voi c’è il re verde in faccia che vomita e grida”
Noi: “Gli diciamo…”
Silvestro: “Entra il mago di corte, BLEARG, e appena vede il re si mette a urlare “AlalalasofaaaAAA!!!”.
Noi: “Beh potremmo…”
S.: “BLEARG! ALLORA IL RE SFODERA UN TUBO CHE SE LO APRI ESCE UN VEEEENTOOOO…”
Noi: “Va bene ma calmati…”
S.: “Allora il Magooooo… UAAAA… il mago grida sciarmatelo a questo figlio di puttana lo volete sciarmare o noooo BLEARG!!”
(Gli effetti sonori di Silvestro continuavano mentre noi ci guardavamo attorno sperando che non sentisse nessuno)
Noi: “Vabbè allora…”
Silvestro: “allora il mago si incaaazaaaa… E LO SCIARMA LUIIII!!! QUEL FIGLIO DI PUTTANAAAA”.
(per chi non lo sapesse, in d&d c’è un incantesimo che si chiama “charme” e induce la vittima a credere che chi lo lancia sia suo amico: Silvestro trattava lo charme come fosse stato una specie di calmante. Quasi tutti i suoi personaggi avevano bisogno di essere “sciarmati” anche due o tre volte prima di poterci parlare. Il suo abuso dello charme era tale che gli amici, anche fuori dal gioco, spesso indicavano Silvestro che gridava e bestemmiava per un nonnulla e si dicevano “sciarmatelo un poco a questo figlio di puttana”.)
Eppure era bellissimo.
A parte Silvestro l’indemoniato, l’unico altro master che abbiamo avuto è stato l’amico che per primo ci fece giocare e che chiameremo Carletto. Nella sua cricca (c’erano lui, Silvestro, l’innominabile Master, il mellifluo Gismondo e il povero Jeson), Carletto era di sicuro il più normale: infatti stava già uscendo dal tunnel di d&d, mentre noi ci stavamo appena entrando. Il suo unico problema (a parte non sapere le regole: nessuno sapeva le regole) era che le sue avventure non avevano una storia, erano solo una serie di incontri. Mentre te ne vai a spasso incontri una vecchina che si rivelerà un lupo mannaro, oppure caschi in un fosso che conduce alle caverne dei goblin, e così via. Ogni tanto c’era anche un enigma e in fondo a pensarci era proprio questa la struttura originaria del gioco, con le sue tabelle degli incontri casuali, i tesori e i punti esperienza. Carletto non era il dio che muove i pupazzi ma un onesto arbitro di incontri (abbastanza onesto) e aveva anche un certo talento per rendere tatticamente interessante la situazione. Però non c’era la storia. Anche quando qualche personaggio si metteva a parlare con te era solo per chiederti di portargli qualcosa o di uccidere qualcuno, mentre noi volevamo il romanzesco, il teatrale. Infatti quando ci mettemmo a fare i master finimmo per rendere le storie fin troppo serie e a pretendere un’immersione eccessiva: che a volte ottenevamo, e allora si faceva silenzio: quelle rare volte i giocatori sembravano rapiti e in attesa della PALORA. Ma, capimmo troppo tardi, questo era sbagliato: era come con Silvestro, solo senza vomiti e bestemmie: così diventava un racconto, ed è faticoso e difficile inventare buoni racconti, sempre più difficile. Tenere alta la tensione per lungo tempo è impossibile e presto i tuoi giocatori saranno solo annoiati e angosciati dalle tue pretese e tu li considererei dei poveri idioti non alla tua altezza, perché non riescono a leggerti nella mente.
Comunque come giocatori di ruolo siamo sempre stati marginali e atipici anche per la nostra inspiegabile avversione al satanismo.
Non che tutti gli altri che giocavano fossero satanisti, anzi la maggior parte di loro andava pure in chiesa la domenica mentre noi dopo Chernobyl ce la siamo filata. Solo che all’epoca si stava diffondendo un curioso e immotivato legame tra metal e giochi di ruolo (e stranamente anche quelli che impazzivano per il metal di solito andavano in chiesa, erano tutti bravi ragazzi timorati di dio e quindi in un certo senso a loro agio anche col satanismo).
Il nostro problema è che invece noi eravamo diventati precocemente atei e queste pagliacciate di satana ci facevano ridere, come ci facevano ridere i nomi in latino maccheronico delle band e delle canzoni. Gli americani poi nei loro libri di d&d con le statistiche dei demoni sbagliavano pure loro i nomi e i disegni erano veramente buffi.
Però va anche detto che in quei tempi più onesti non c’erano ancora gruppi di gente camuffata da cadaveri che inneggiava a Cristo o al socialismo. Il black metal, per quanto inascoltabile, era (o almeno si diceva) coerentemente satanista, e basta. Poi non sappiamo come è diventata tutta una sceneggiata, lo stile e il trucco restavano uguali (in effetti solo il trucco definiva il genere, e già questo…) ma i gruppi si ispiravano a qualsiasi cosa. C’era il black metal cristiano, il black metal comunista, etc. Lo sputtanamento, l’impossibilità di distinguere fasci e compagni, beghine e zoccole, era già a buon punto.
Che poi noi a d&d abbiamo giocato anche poco. Comprammo quasi subito pure Il Richiamo di Cthulhu e Cyberpunk e poi negli anni una trentina di altri sistemi. Tra i più noti, gli unici che non abbiamo mai comprato sono Vampiri e compagnia, anche se li abbiamo letti. A un certo punto più che giocare accumulavamo giochi che non usavamo. Nel frattempo ci eravamo messi anche noi a suonare, sebbene (puccioppo) una musica non satanica. Fu un grave errore, perché come musicisti facevamo molto più cagare che come master. Inoltre mentre eravamo stati noi a trascinare altri nel giuoco di ruolo, per la musica fu il contrario, venimmo trascinati. Suonavamo solo per stare insieme, con così poche velleità che presto ci trovarono scarsamente convinti, privi della giusta attitudine. Già all’epoca ci sembrava abbastanza inconcepibile che qualcuno venisse a sentirci suonare e questo era contro la regola elementare per cui si fa un gruppo per suonare in pubblico. Mentre quando organizzavamo le partite pretendevamo molto dai giocatori, adesso si pretendeva qualcosa da noi e non bastava dire “vabbè ma è un gioco”. Dopo qualche tempo mettemmo i nostri amici nella sgradevole condizione di doverci mandare affanculo, una cosa che raramente viene perdonata. Ci sono molti modi per farsi cacciare da un gruppo ma il peggiore è non prenderlo seriamente e non accorgersi che si è di peso, il che poi vale per qualsiasi attività, coppia e lavoro inclusi. Il bello è che i nostri amici non avevano chissà che obiettivi, non si illudevano di poter diventare famosi o di inventare niente: volevano solo suonare su qualche palco del cazzo, in quel bar del cazzo, mentre noi non aspiravamo nemmeno a quello. E dire che tra loro eravamo gli unici ad aver studiato musica.
Questo disimpegno, questa totale mancanza della più piccola ambizione ha caratterizzato tutta la nostra vita. L’accumulo di conoscenze per poi non farci nemmeno niente è sempre stata la nostra specialità, quella che ancora fa dire a qualcuno che ci sprechiamo. In realtà semmai ci conserviamo, tant’è che in parecchie cose siamo ancora infantili, un po’ anche nell’aspetto. Non abbiamo usato quasi nulla e questa sembra pure una forma di taccagneria, un non voler dare, e non darsi. Più che altro invece è pigrizia però capiamo chi la pensa così. Il fatto è che ormai è anche troppo tardi.
P.S.
Il tuffo nel passato ruolistico ci porta a scoprire che Burzum, o meglio il dottor Burzum, ha anche pubblicato un giuoco di ruolo intitolato Myfarog, che al primo sguardo sembra una sorta di clone di d&d ambientato nell’orrendo, estremo nord.
Tra accuse di razzismo perché nel suo mondo i biondi sono favoriti dagli dei e le donne sono più deboli degli uomini, il gioco ha anche parecchie recensioni positive. Il prof. Burzum (assassino, incendiario, e, quel che è più grave, autore di musica di merda) ha dichiarato di averlo creato come strumento educativo per i suoi figli, per fargli capire com’era davvero la Norvegia dell’età del ferro. La storia di usare i gdr a scopo educativo è (puccioppo) una piaga abbastanza diffusa, specie dalle nostre parti, perché tutto ciò che viene definito educativo giustifica la richiesta di sussidi pubblici. Nel caso di Burzum può essere che l’intento sia genuino, anche se inevitabilmente contraddetto dal fatto che nel mondo ricostruito la magia e i mostri ci sono davvero. Resta inconcepibile che il grottesco gioco di Burzum abbia venduto qualche centinaio di copie, mentre la nostra meravigliosa opera giace sempre incacata.
Comunque, per rendere giustizia all’amico Burzu bisogna dire che l’accusa di omicidio era alquanto esagerata. Come lui ha sempre detto, si è trattato di una specie di legittima difesa anticipata.
Burzu aveva sentito dire che un altro musicista di merda, tale Euronymous (nome sbagliato, nella migliore tradizione black metal), voleva rapirlo e torturarlo a morte nei boschi, così, in un impeto di satanismo (bisogna notare che Burzu si è sempre dichiarato satanista a meri fini scenografici, in quanto seguace della religione di Odino). Quindi, pieno di buone intenzioni Burzu era andato da Euronymous per parlare, portandosi dietro alcuni coltelli e una baionetta (ma d’altronde non è che puoi andare a casa di un satanista col classico mazzo di fiori o le pastarelle). Beccato il tizio, Burzu fu aggredito a calci in petto e allora non poté far altro che inseguire Euronymous per le scale del condominio pugnalandolo a morte. I giornali chiaramente gonfiarono un po’ la cosa, sostenendo che gli aveva mollato 23 coltellate, ma Burzu chiarì che la maggior parte delle ferite il morto se le era procurate furbescamente cadendo sui cocci di una lampada, mentre lui, dal canto suo, si era limitato a una sola coltellata, però in testa, onde evitare sofferenze inutili. E con tutto ciò la giustizia lo condannò alla massima pena prevista da quella società così avanzata, che sdegna l’ergastolo perché diseducativo. Dal carcere Burzu evase solo una volta, sempre perché aveva sentito voci che lo volevano fare fuori, ma poi si comportò in maniera esemplare, approfittando della restrizione per studiare la bella tradizione del suo popolo e avvicinarsi ancora di più, se mai possibile, a un educato nazismo.
(Va detto che Euronymous non era esattamente una bella persona. Oltre a non saper scrivere il suo nome d’arte, era diventato famoso per la freddezza con cui, scoperto che uno della sua band si era sparato in faccia, prima di chiamare la polizia andò a comprare una macchina fotografica per immortalare la scena. Una di quelle foto fu anche usata per la copertina di un album. Si dice poi, ma forse è leggenda alimentata dallo stesso ignorante, che trafugò pezzi del corpo per qualche suo balordo rito pseudo satanico).
Chissà se poi l’amico Burzu quando dava fuoco alle chiese in odio alla religione dei deboli immaginava che trent’anni dopo un immigrato avrebbe dato fuoco alla cattedrale di Nantes perché non gli rinnovavano il permesso di soggiorno. Il suo amico Euronymous, quello che andò a prendere con la baionetta per discutere di filosofia, era pure lui dell’idea di appiccare fiamme alle cattedrali, ma per un motivo completamente opposto (del resto Euro si diceva compagno mentre Burzu nazi): lui credeva, o credeva di credere, che i cristiani si fossero un po’ rincoglioniti e avessero perso la fede nell’esistenza del male, quindi bisognava rinfrescargliela, così che potessero tornare a posizioni più estremiste, più efficaci.
Dei due, Euro era quello che vedeva più lontano. Vedeva storto, ma comunque più lontano. Però lui è morto assassinato, mentre Burzu predica il culto di Odino grazie alla compassione di una società che invece di abbatterlo come il cane rabbioso che è ha cercato di aiutarlo. Davvero il Signore si muove in maniera misteriosa e apparentemente rivolta al male. Noi non smettiamo mai di cercare di capirlo, ma non lo capiamo. In questo consiste il nostro non credere.
P.p.S.
Le vicende di Burzu sono sempre fonte di semplice e sano lollare:
“Quando sono stato arrestato nel 1993 la polizia ha usato le mappe tratte dai miei RPG (Middle earth e altri reami fantasy) che decoravano i muri del mio appartamento, dopo aver parlato con quei subumani che popolano la scena metal riguardo i miei “giochi di potere”, per accusarmi di essere un megalomane che voleva diventare re, o dittatore, della Norvegia. Insomma, io ho usato alcune vecchie cartine geografiche raffiguranti la Norvegia occidentale per delle sessioni di gioco molti anni prima, e tra le altre cose, ci avevo disegnato sopra la bandiera di Sauron, quindi…”
Puccioppo noi non siamo mai stati tipi da disegnare grandi cartine o cose del genere, per noi il gioco è stato sempre tutto nel linguaggio e infatti la poca roba che abbiamo realizzato erano lettere e biglietti per Call of Cthulhu.
“un’altra vicenda ferì profondamente Varg: sua madre, mentre egli scontava il periodo di detenzione, gettò via tutti i manuali e le relative espansioni di D&D, GURPS, RuneQuest, HârnMaster, Twilight 2000… in suo possesso, lasciando di conseguenza un vuoto incolmabile. Fu allora che la creatività folgorò nuovamente l’artista: Varg avrebbe creato il suo gioco di ruolo personale…”
Infine, nel 2018 hanno fatto un film su queste storie di merda che si tiravano i gruppi black metal, compreso l’omicidio di jieronimus, e la parte di Burzum sapete a chi l’hanno data? A un ebreo. A A A! Per questo fatto Burzu se l’è presa veramente a male. Nella sua sbalorditiva e angosciante somiglianza con Jovanotti, ha avuto parole per niente belle. Ha detto che è tutto uno sfregio a lui, che vogliono assassinare la sua figura. Lui, che già deve ancora pagare 30 milioni di corone di risarcimento per aver dato fuoco a un paio di chiese! Quando i norvegesi in dio non ci credono neanche! Davvero si accaniscono su un uomo a terra. Non che lui abbia alcuna intenzione di pagare, ma è l’ingiustizia che non lo fa dormire la notte.
d&d, gruppo musicale, liceo classico, mancanza di ambizioni, pigrizia: sembra la mia vita.
E dov’è la tua fondazione allora eh, eh?
troppo mediocri e sterili per averne una.
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