Ogni tanto tra i nostri libri ne spunta uno che non sappiamo da dove venga. Ieri è stata la volta di un libretto sulla storia locale, pubblicato col patrocinio del lungimirante comune e col contributo economico di una ditta di pompe funebri, florida e anche ultima industria del posto, debitamente ricordata dal logo in quarta di copertina.
Con simili premesse andava letto. Ed infatti l’autrice, il tono di un’anziana ma ancora vispa maestra elementare, raccoglie e commenta con comico disordine una serie di documenti su un tizio che fece la battaglia con Peppe Callibbarde.
Molto, nel libro, induce allo sgomento, e allo sghignazzo. Il fatto che gli unici ad impegnarsi nella raccolta e salvaguardia di documenti storici locali siano sempre dei mentecatti o degli autodidatti, o tutte e due le cose, resta un mistero. Sarebbe bello poter trascrivere le strambe divagazioni, le pie invocazioni, le ineducate interpretazioni dell’autrice (che alla fine non risulterà nemmeno l’anziana che il linguaggio farebbe supporre, ma nostra coetanea), ma sarebbe anche meschino e crudele perché lo sforzo c’è, si vede, e il fine è degno. Diremo solo che l’autrice riscrive più volte le stesse frasi con tempi verbali diversi, come se fosse incerta della capacità del lettore di capire che si parla di fatti accaduti due secoli fa, o si chiede pensosa se di un certo episodio ha gia parlato oppure no, o riporta più volte lo stesso documento trascrivendolo però in maniera diversa, il tutto sotto una grandine di errori di stampa e di punti esclamativi.
Bisogna pensare che in questo momento migliaia di storici altrettanto locali e altrettanto dilettanti stanno compilando libri simili. Migliaia di comuni, migliaia di ditte di pompe funebri stanno generosamente patrocinando raccolte di documenti che risultano incredibilmente più confuse e oscure dei pur confusi e oscuri fatti. La sola quantità di errori di trascrizione dei documenti impegnerà gli storici del futuro per secoli.
P.S. Comunque il libro di storia locale è pieno di particolari (almeno per noi) buffi, che l’autrice riporta senza apparentemente coglierne il ridicolo. Come ad esempio il resoconto della solenne cerimonia di epoca fascista che portò a dedicare una strada all’illustre concittadino però sbagliandone il nome, e l’altrettanto solenne correzione di epoca repubblicana, che aggiustò il nome e per supprammercato e risarcimento dell’ingiuria aggiunse una targa con la data di nascita sbagliata. O il sondaggio condotto nel paesello natale dell’illustre da cui risulta che nessuno sa chi sia, nemmeno quelli che abitano nella strada dedicata. O la totale, progressiva spoliazione ad opera (si vocifera) dei vicini dei poveri averi dell’uomo, cui segue subito la proposta di fare della sua casa diruta e vuota un museo. Proposta che alla lunga verrà certamente accolta perché come si sa in Italia con la cultura si mangia, e solo con quella.
P.P.S. Va detto che da un paio di secoli lo storico dilettante (ma anche professionista) è quasi sempre indotto a basare le sue ricerche sui giornali e sugli atti dei processi. Lo stesso è capitato anche a noi. Ciò conferisce alla storia patria quel distinto carattere di STORIA CRIMINALE che non può sfuggire all’osservatore beneducato. La nostra “verità storica”, che viene di solito contrapposta a quella giornalistica o alla “verità processuale”, in effetti è in gran parte basata proprio su queste due “verità”. Parallela, bituminosa, infinitamente mendace e volgare scorre la chiacchiera di popolo, come unica alternativa.