Uguale uguaglianza per tutti

Tanti racconti di fantascienza sono basati sul cliché dell’apprendista stregone, con una macchina che continua a eseguire un ordine anche quando non ha più senso, oppure al contrario interpreta l’ordine in qualche maniera imprevedibile. Questo secondo tipo, nelle versioni un po’ più recenti, non si basa solo sull’equivoco linguistico ma in genere presuppone l’idea che la macchina possa imparare e generalizzare, cioè imbarcarsi lungo quella che i progressisti tendono a chiamare la brutta china e che invece è un processo comunissimo tra gli umani.

Ad es., sempre in un racconto di Sheckley vengono costruiti degli uccelli robot che devono impedire gli omicidi, ma siccome i programmatori non sono in grado di indicare degli elementi che qualificano univocamente l’omicidio lasciano un margine di incertezza che le macchine possono riempire imparando, e quindi dopo un po’ gli uccelli iniziano ad estendere gli elementi della definizione e impediscono anche l’abbattimento degli animali, e poi qualificano se stessi come esseri viventi e cominciano a difendersi da ogni tentativo di disattivarli. A questo punto lo scienziato che aveva espresso dei dubbi sull’opportunità di usare quei robot sostiene che bisogna pagare per l’errore fatto e aspettare che gli si scarichino le batterie, ma il governo non può aspettare, il popolo non può aspettare, e quindi vengono creati dei falchi robot ancora più micidiali, che hanno il compito di distruggere gli altri uccelli, e siccome per farlo devono essere dotati di una certa capacità di imparare si capisce che finiranno per sfuggire anche loro al controllo.

La stessa cosa, dicevamo, avviene puntualmente ogni volta che si inserisce qualche elemento nuovo in un sistema di norme applicate dagli uomini: ad es. una volta stabilito che in certe condizioni è possibile sopprimere un essere umano perché non ha (più, o ancora) intelligenza né sensibilità, è inevitabile che qualcuno cominci a chiedersi perché ciò non vale anche in altre condizioni molto simili a quelle stabilite, e che cosa significa esattamente intelligenza o sensibilità.

Ma questo vale anche per problemi molto meno scabrosi: in presenza di qualsiasi definizione che implichi qualche tipo di vantaggio (il “diritto” è un vantaggio garantito dall’ordinamento) i cervelli si mettono subito all’opera per estendere la definizione e mediante catene di parziali similitudini farci rientrare anche la loro. In realtà anche questo processo è ampiamente sfuggito di mano e la similitudine balzana è diventata il principale se non l’unico argomento tecnico-giuridico per qualsiasi rivendicazione: se l’avete concesso a X, che ha alfa in comune con Y, che ha beta in comune con Z, allora dovete concederlo anche a Z. La posizione di X, per quanto appaia lontana da quella di Z, in realtà lungo un certo asse prospettico è assimilabile (si noti che questa è una formulazione esplicita e quindi onesta, mentre lo pseudo argomento utilizzato nella prassi è sintetico e disonesto, altrimenti si vede subito che è dubbio).

Man mano che la pretesa sale lungo i rami dell’ordinamento il problema della sua “ragionevolezza” diventa sempre più astratto e fumoso, finché non finisce davanti alla Corte Costituzionale per pretesa violazione del principio di uguaglianza. A questo punto la Corte decide in maniera del tutto imprevedibile, a volte sostenendo che le situazioni messe a confronto sono davvero paragonabili e altre volte no. Il dramma non è tanto in ciò, perché dati i presupposti questa fine è inevitabile, ma nel fatto che il procedimento dura quindici anni, e quindi può capitare che due situazioni “uguali” (agli occhi della Corte) ricevano da quindici anni un trattamento molto diverso, o il contrario: e siccome le decisioni della corte sono retroattive (con certe limitazioni), l’incasinamento totale e irreparabile è garantito.

E si noti che anche questo è già nel racconto di fantascienza: per controllare i robot se ne introducono altri di livello più alto, che sono però soggetti allo stesso problema, e poi altri di livello ancora più alto, e poi altri, e altri.

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Una risposta a Uguale uguaglianza per tutti

  1. Riccardo ha detto:

    Una metastasi. Basti considerare il danno non patrimoniale nella responsabilità civile: oggi la giurisprudenza risarcisce anche il danno “da vacanza rovinata” al turista.

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