L’involontaria vittoria di Manganelli

Quando gli scrittori erano assediati dalla storia dell’impegno civile e i compagni cazziavano chiunque non sbandierasse propositi seri e lodevoli, allora Manganelli trovava buffo e giusto sottolineare che la letteratura invece è per natura immorale, menzognera e (suo aggettivo prediletto) losca. Non a caso la descrizione ricordava un po’ quella che Socrate (aka Platone) fa dell’amore, figlio di povertà, bugiardo e malinquente, sofista e loschissimo incantatore.
La posizione di Manganelli (che lui ovviamente non avrebbe mai definito una posizione, termine sindacaleggiante) veniva in genere considerata paradossale, decorativa, parte del suo stesso non ridevole scherzo, insomma la solita posa del solito infantile bastian contrario di merda alla ricerca di un’inesistente distinzione. Errore, vasto e comune errore, perché col tempo si è visto che non solo la letteratura, ma tutta la comunicazione è diventata programmaticamente losca, equivoca e menzognera fino all’idiozia. La letteratura tanto schifata dagli ignoranti ha invaso la realtà e raggiunto le menti dei semplici, che non riescono più a distinguerla dal mondo. La vera istruzione, in sostanza, era sempre stata un antidoto alla letteratura, che permetteva ai migliori di goderne poche gocce senza avvelenarsi. In mano al popolo questa droga invece ha fatto sfracelli e generato un’infinità di buffoni, tanto che si stenta a vedere altro in giro. Immaginate milioni di Manganelli semi analfabeti che sono arrivati direttamente alla vita come menzogna senza conoscere il dativo o l’aoristo, senza sapere nulla se non che nulla si può sapere, senza difese davanti a un’insidiosa e comoda inerzia spirituale. Eccoli, semplici macchine parodianti, generatori casuali di accostamenti che più del paradosso richiamano la demenza, distruttori inconsapevoli delle loro stesse vite e viziosi di un ridacchiare continuo, orrendo, sferragliante, inumano.

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P.S. Ma poi il succo quale sarebbe? Lo scolastico e manzonesco sugo? Che per scherzare ci vuole la serietà, come per avere la luce il buio? Che giocare sempre equivale a non giocare? Queste sono ovvietà e ognuno è convintissimo di decidere, dominare, ripartire la propria vita. Tutti un po’ solari e un po’ pazzi, per scelta o natura in fondo non cambia perché sempre solo “un po’”. L’unica cosa che si può ricavare da tanti anni di vago rimuginare è invece che non sai cosa stai facendo e non controlli quasi nulla, in sintesi che sei un cretino salvo rarissime e imprevedibili occasioni, che potremmo tranquillamente definire stati di grazia. Donde, questa grazia? Ancora più misteriosa dell’origine del male, volgare e comunissimo tessuto. In noi non c’è ancora risposta.

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