Prima che per un malinteso desiderio di legittimazione i fumetti scadessero a repliche grottesche della vita comune, prima di eroi che si sposano e fanno figli o patiscono la pubalgia, l’eroe da fumetto amava una ragazza che amava la maschera. Una specie di Cirano collassato, in cui spirito e corpo coincidono.
L’eroe non può amare come i popolani perché grandi cose assorbono la sua attenzione e/o per non compromettere chi ama, e la funzione psicologica della struttura è abbastanza ovvia, ma la sua radice storica sembra l’amore cortese idealizzato, che permette di rimanere spasimanti e spasimati a vita, senza il peso di corpi che possono puzzare, senza la tetra meccanica del coito. Diventato di massa, questo sentimento delicato e suicida viene messo in crisi da eroi sempre più borghesi, bassamente borghesi, che passano anche per innovativi.
Il mondo medioevale del fumetto, con le sue vetrate dai colori accesi, gli archi traforati, i capilettera d’oro, è entrato da tempo nell’età adulta del mobilio pratico e conveniente, che significa preoccuparsi della prostata e tenere dietro alla corrispondenza: e come sempre la gente guarda ammirata la polvere.
P.S.
Dice don Chisciotte che nello stile cavalleresco è grande onore che una dama abbia molti cavalieri erranti che la servano, senza che i loro pensieri vadano più in là del servirla, per se stessa, senza aspettarsi altro premio alla loro buona e fedele intenzione se non che ella si pregi di accettarli come suoi cavalieri.
E Sancho: “Questa è la specie di amore con cui ho sentito predicare che deve amarsi Nostro Signore, per se stesso, senza che ci muova speranza di gloria o timore di pena. Io però preferirei amarlo e servirlo per ciò che potrebbe fare”.
“Diavolo d’un villano” – disse Don Chisciotte -, che ragionamenti sottili che fai, a volte! Si direbbe proprio che hai studiato”.
Il parallelo tra amore cortese e religione, e in particolare una sua forma elitaria e gnosticheggiante, sarà poi esaminato da De Rougemont:
“Tristano ama di sentirsi amato ben più che non ami Isotta la bionda. E Isotta non fa nulla per trattenere Tristano presso di sé: le basta un sogno appassionato. Hanno bisogno l’uno dell’altro per bruciare, ma non dell’altro come è in realtà; e non della presenza dell’altro, ma piuttosto della sua assenza”.
De Rougemont, l’Amore e l’Occidente.
Catari, trovatori, cavalieri erranti e i loro diretti discendenti, i supereroi, sono legati da questo sentimento privo di oggetto esteriore, che si alimenta dell’assenza e considera il nulla più del tutto. Di fronte a loro l’eterno controcanto del villano orrendo e pratico, incapace di resistere alla sudicia pulsione che lo compelle al pragma.
Quasi un istinto, questo dei cavalieri, diretto solo alla morte, e anzi il contrario: la forma storica di ciò che sarà poi travisato come un istinto biologico, una specie di errore di programmazione. Quando invece nasce dal pensiero e dal linguaggio, perché degli aspiranti suicidi per natura in breve non sarebbe rimasta traccia.
In pratica l’erede di Sancho è Freud, il che spiega come mai ogni volta che lo leggiamo sentiamo qualcosa di irrimediabilmente volgare.