Autofuck

Nel 1955 Philip Dick ha scritto un racconto geniale, “Autofac”, cui abbiamo già accennato nel nostro manualetto di semiotica aggressiva.

autofac

Ripetiamo la trama: dopo la guerra atomica un sistema di fabbriche automatizzate create in previsione della catastrofe produce tutto ciò che serve ai sopravvissuti. Loro però non sono contenti, perché vorrebbero riappropriarsi dei mezzi di produzione. Il problema è che le fabbriche sono state programmate per continuare a lavorare finché la produzione umana non eguaglierà la loro, e questo non avverrà per molti secoli, o forse non avverrà mai, visto che gli uomini non hanno i mezzi.

Già questa premessa è molto più bella, intelligente e probabile di tutti i banali incubi sulle macchine intelligenti che distruggono l’umanità. Qui delle macchine stupide insistono a fare da balia agli uomini, che invece hanno altre ambizioni.

Dopo aver cercato inutilmente di comunicare con le fabbriche, gli uomini si rendono conto di aver creato una trappola linguistica senza uscita e decidono di fomentare una guerra tra le macchine per le risorse. Il tentativo ha un successo spaventoso, perché le fabbriche smettono di fornire beni e invece si mettono a costruire armi per distruggersi tra loro. L’umanità regredisce di colpo a uno stadio primitivo e la guerra continua a consumare risorse, a un ritmo ancora più veloce del passato. Ma un’ultima sorpresa aspetta gli uomini e, altra genialata, si tratta di una scoperta consolante e terribile allo stesso tempo.

A ben vedere questo mondo postatomico è molto simile al paradiso comunista: le macchine lavorano, producono beni, gli uomini potrebbero dedicarsi ad altro. Il problema è che il loro istinto vitale li fa sentire castrati. Loro vogliono decidere cosa produrre, vogliono continuare ad essere padroni del destino e anche se non hanno necessità materiali sentono lo stesso il bisogno di valutare, agire, distinguersi. Il sistema capitalistico che ha portato alla guerra ha già sprecato molte risorse, e l’economia pianificata delle autofac continua a sprecarle, o almeno così pensano gli umani, che lo considerano troppo rigido e incapace di adeguarsi alla realtà. Se loro potessero riprendere il controllo creerebbero ciò che gli serve davvero (cosa sia, però, significativamente non si sa)

In passato i mezzi di produzione appartenevano a pochi individui, e si vede che uso ne hanno fatto, mentre ora appartiene alle macchine chiuse nella loro programmazione. Ma le autofac di Dick sono il vero capitale incarnato, il punto dal quale non si torna indietro. Anzi, la rivolta degli uomini sarà l’occasione di raffinare ulteriormente il sistema fino a renderlo assolutamente indistruttibile. E’ importante notare che per arrivare a questo punto non c’è bisogno che le macchine siano intelligenti: basta che siano abbastanza potenti da innescare un processo di feedback. Gli basta quindi un linguaggio molto elementare, che esiste già da almeno ottant’anni.

La competizione ha portato alla guerra, la guerra all’economia programmata, questa all’impotenza umana: allora gli uomini insinuano nelle macchine la loro malizia e la brama di competere pensando di distruggerle, ma la rivolta viene assorbita dal sistema e il feedback lo rafforza, finché si vede che un altro mondo impossibile: o almeno, un altro mondo dominato dagli uomini.

Ma insomma che cosa impedisce agli uomini di buona volontà di controllare i mezzi di produzione senza ricadere nel capitalismo, o di accontentarsi della mamma robotica che gli porta latte e biscotti? Si potrebbe dire il loro spirito. Nati dalla competizione, sono condannati a competere su qualsiasi piano: materiale, morale, sessuale, spirituale, anche se non ce n’è bisogno, e anzi proprio perché non ce n’è bisogno.

Nel racconto di Dick non c’è, sotto questo profilo, una vera distinzione tra sistema capitalistico ed economia programmata: tutti e due producono grandi quantità di merci più o meno utili ma impediscono alla stragrande maggioranza della popolazione di decidere. Nel mondo di Dick il comunismo retto dalle macchine è la naturale prosecuzione del sistema capitalistico ma non porta a un reale cambiamento, perché non muta la natura umana. Saranno gli uomini, in realtà, a mutare la natura delle macchine, facendogli compiere l’ultimo salto verso la vita organica con tutta la sua terrificante forza.

Forse anche Dio quando creò gli angeli voleva solo dei servitori, ma facendone uno più bello degli altri gli ha insegnato la lezione delle tenebre.

P.S. Torna in mente il frammento spallanzanesco:

“Dio creò gli angeli tutti uguali perché reggessero il mondo, e lo facevano così bene che lui si sentì inutile. Le sfere ruotavano in perfetta armonia senza che lui dovesse più intervenire. Cercò di dare qualche suggerimento ma gli angeli gli risposero che il piano originario era già perfetto. Allora Dio ne chiamò uno da parte e gli disse Stella del Mattino, come sei bello…

Informazioni su eliaspallanzani

Blog dedicato etc
Questa voce è stata pubblicata in dick, illuminati, paranoia, pseudo recensioni. Contrassegna il permalink.

Una risposta a Autofuck

  1. Pingback: Il Funesto Cioccolataio: un’indagine socio economica. | Fondazione Elia Spallanzani

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.