Rapporto di minoranza

Ieri e l’altro ieri abbiamo visto Minority Report. La prima volta più o meno da metà alla fine, con qualche distrazione, e la seconda quasi dall’inizio a oltre metà, sempre con distrazioni.
Considerando che all’epoca l’avevamo anche visto per intero al cinema, e che secoli fa abbiamo letto il racconto da cui è tratto, è strano quanto poco ci ricordassimo.
In tutte e due le ultime visioni comunque dobbiamo aver saltato qualche punto importante della storia perché non ci è ancora chiaro come fa il protagonista a recuperare l’ultimo tassello dell’enigma.

Comunque visto così, a spezzoni sovrapposti, essendo un film che tratta di vedere il futuro, l’effetto è stato davvero curioso e forse più interessante che vederlo tutto di fila (infatti all’epoca non ci colpì per niente). Visto a pezzi è molto più Dickiano.
Inoltre il nostro televisore da quattro soldi trasforma i colori e perciò tutti i riflessi sembravano quasi aureole o effetti Kirlian, da cui la seguente riflessione: la scena che ci è piaciuta di più è anche quella che mostra chiaramente l’impossibilità di scrivere una storia con i precog.

A un tratto Cruise e la veggente sono in mezzo a una folla ricercati dalla polizia e la donna gli dice di stare fermo. Mentre gli sbirri attraversano una passerella arriva un tizio con dei palloncini. La veggente continua a dire di stare fermi e il regista alterna le inquadrature per dare il senso dell’imminente scoperta. Ma il tizio coi palloncini si ferma proprio davanti ai due fuggitivi, i poliziotti si voltano proprio in quel momento e miracolosamente hanno la visuale ostruita dai palloncini.

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In questo il film ricorda più un altro racconto di Dick, “Previdenza” (il cui titolo originale, se ben ricordiamo, si tradurrebbe meglio con “buonuscita”).
Comunque il problema ovviamente è: se la precog avesse già visto l’evento “noi stiamo fermi e non ci vedono” non avrebbe avuto bisogno di dire “stai fermo”.
Evidentemente nel futuro che lei ha visto loro non si fermavano, quindi dice “stai fermo” per cambiare il futuro.

Ma come poteva sapere che stando fermi non li avrebbero visti?
L’unica spiegazione è che aveva già visto anche un futuro in cui ciò accadeva.
Quindi ne ha visti almeno due, e forse milioni: si fermano, non si fermano, si fermano un metro prima, un millimetro prima etc.
Anzi, lei ha già visto anche un futuro in cui diceva “stai fermo”.
Quindi la lei di quel futuro a sua volta aveva già visto il futuro, e così all’infinito.
Non solo lei vede infiniti futuri, ma ogni lei di ogni futuro vede infiniti futuri.

L’unica alternativa è che lei abbia visto solo un futuro in cui lei senza nessuna ragione dice “fermati” proprio in quel momento e in quel modo.
In questo caso però la precog non sta cambiando il futuro, che sarebbe stato inevitabilmente quello.
Quel “fermati” non avrebbe nessuna causa, sarebbe solo parte di uno stato della realtà derivato in maniera casuale e meccanica dalla struttura dell’intero universo.

In effetti questo somiglia moltissimo a ciò che uno finisce per dover pensare dell’esistenza: qualcosa in cui non esiste nessuna causa, nel senso umano del termine, ma solo stati che si susseguono, e nemmeno susseguono vuol dire qualcosa perché la successione è costruzione della mente, non è nella cosa.

E siccome la precognizione, quando l’effetto non è certo, può essere considerata solo una forma di deduzione (nel senso che uno, pur non sapendo cosa accadrà, può immaginare con una certa precisione e cambiare il suo comportamento in base a quella previsione, e quanto più conosce la regola più è precisa la sua previsione), tutto ciò porta a credere che i due scenari descritti (il regresso infinito e l’assoluta insensatezza) sono il primo ciò che vorremmo (mente nella mente, conoscenza totale) e il secondo ciò che è (nessuna mente, nessuna possibilità di conoscenza). E sono indistinguibili.

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