Come disse quello, “Il modo migliore per creare una società segreta è fingere che esista già”. Qualche giorno fa invece dei soliti 4 lettori ne sono arrivati diversi. Il merito è di un link nella rubrica tsundoku di Guido Vitiello, dedicata ai compratori compulsivi di libri. Mentre gongolavamo scioccamente ci siamo accorti che per una curiosa coincidenza sempre Vitiello oggi recensisce “Antropop” e riporta un aneddotto simile a quello della foresta di Skund:
“Se il canguro si chiama canguro, ricorda Canestrini, è perché all’inglese che lo interrogò sul buffo animale saltellante l’aborigeno rispose «kangarù», che vuol dire «non capisco».”
E riguardo al fatto che i comportamenti dei moderni cominciano a somigliare in maniera inquietante a quelli dei primitivi, segnaliamo un sapido raccontino di Spallanzani.
Poi siamo andati a dare uno sguardo a una vecchia conoscenza, mister Popinga. Tra i vari articoli interessanti segnaliamo piccole storie ignobili , drammatizzazione dell’elettrodinamica, e l’esemplare poesia gaussiana. Tramite Popinga finiamo sul numero 22 di Tèchne, la rivista di bizzarrie letterarie di Paolo Albani. Il numero è dedicato ai consigli inutili e contiene diversi classici (Swift, Cortázar, Charms, Manganelli, Eco, Breton, Ionesco, Campanile, Wilcock etc). Purtroppo manca il piccolo manuale del Nostro intitolato “Come non scrivere una lettera d’amore”, seguito da “Come scriverla evitando denunzie”, di cui pubblichiamo un estratto:
“Il prudente ometterà non solo il nome ma ogni indizio che possa condurre le autorità sulle sue peste: e meglio ancora camufferrà il suo scritto da pubblicità di “Vita in campagna” o ultimativo sollecito degli strozzini. […]
L’amante ossessivo ma schivo, che non nutra vaghezza di rispondere alle penetranti domande degli inquirenti, prediligerà per le sue missive supporti impermanenti quali la lastra di ghiaccio, la plastica biodegradabile, la fotosensibilissima pellicola. […]
La lettera d’amore ai tempi moderni suscita sempre un’inopinata agitazione della destinataria perchè fa supporre sforzo e serietà di intenti compatibili con la monomania e il progetto omicidiario: da cui un sovrappiù di cautele, un’accorta svagatezza, un insistito mettere le mani avanti. […]
Si potrà dire ad esempio: “toh, volevo togliermi il gusto di scrivere una lettera a mano”, e alla quarantesima “bah, non riesco più a togliermi questo vizio di scrivere a mano”, e alla quattrocentesima “il mio corso di calligrafia sta andando benissimo”. […]
Fermo che non bisogna aspettarsi risposta, nel caso arrivasse è sconsigliabile correre a prenotare chiese e luoghi di ristoro, ordinare bomboniere col cane e il cacciatore, istoriare a pagamento il cielo con nuvoliformi proteste d’amore e fedeltà, dare la buona notizia a vecchie zie con un piede nella fossa (le zie, il piede): meglio invece diffidare, perchè potrebbe essere una trappola, un “vediamo dove vuole arrivare”.
Molti ingenui cadono nell’errore di scambiare la corrispondenza sentimentale per l’inizio di una relazione amorosa, mentre di norma è il contrario: l’amore si consuma per lettera con una rapidità sbalorditiva e non è esagerato dire che quattro scambi epistolari equivalgono, ai fini del divorzio, a quindici anni di matrimonio. Meglio perciò non rispondere affatto alla disgraziata risposta e se possibile darsi alla macchia. […]
L’amore, come diceva saggiamente il Nostro, vive nel foglio vuoto, nell’attesa, nell’immaginativa e qualche volta negli avverbi: mai nelle parole da macelleria (cuore, viscere), mai nelle promesse… una lettera senza risposta è un dono e tutto il resto è solo copula, perpetuazione della specie infame.”