Sintesi: CSI è più un documentario drammatizzato che un poliziesco, i suoi protagonisti sono degli impiegati e nel complesso rappresentano l’ufficio ideale.
Frequentando la rete è difficile scansare Cthulhu. Malia del suono, attivismo dei fan, oscuro segno, il nome del dio Lovecraftiano ha una diffusione che supera di gran lunga la conoscenza dell’opera, e quindi anche questo post parte da lui.
Sulle tracce di Cthulhu è un gioco di ruolo di Kenneth Hite basato su un presupposto diverso dal solito: nei gdr investigativi il problema è sempre stato trovare gli indizi, mentre qui gli indizi abbondano e la sfida sta nel collegarli. Per chi non avesse familiarità con questi giochi, spieghiamo che i personaggi di un gdr hanno delle “abilità” che possono essere usate per interagire col mondo fittizio. Ad esempio, il personaggio “Sherlock” ha l’abilità “chimica” valutata “9 su 10”. Riuscirà a capire da un mucchietto di cenere qual è la marca di sigari dell’assassino? Per saperlo si tira un dado a 10 facce: se esce da 1-9 ha indovinato, altrimenti l’indizio non dà nessuna informazione (o, che è più interessante, ne dà una falsa). Il problema dei giochi tradizionali (es. “Il Richiamo di Cthulhu”) è che per puro caso il tiro può fallire e l’indizio essenziale sfuggire per sempre, bloccando lo svolgimento dell’avventura.
In realtà i master con un po’ di senso della narrazione evitavano di frustrare i giocatori per un tiro andato male e quindi l’indizio lo facevano trovare lo stesso, ma questa pia frode rompeva il patto di gioco e poteva far sorgere dubbi sulla correttezza del master: se aggiusta i tiri a favore dei giocatori, potrebbe farlo anche contro. Inoltre se la regola deve essere continuamente violata, allora a che serve? Nel gioco di Hite il problema è eliminato alla radice, perché le abilità investigative non sono basate sul tiro del dado ma funzionano sempre. Come nel giallo ideale, gli indizi sono tutti a disposizione e l’abilità dei giocatori sta nel legarli per dedurne la soluzione.
Potrebbe sembrare semplice e addirittura banale, ma bisogna considerare che anche il vecchio sistema aveva i suoi pregi. Visto che il giocatore interpreta il personaggio, dovrebbe essere lui a cercare gli indizi, rischiando di fallire. Inoltre se il gdr è un modo di costruire storie, quella in cui Sherlock NON trova l’indizio è una storia anch’essa e degna come le altre altre. L’ideale sarebbe preparare indagini con indizi ridondanti, risolvibili seguendo più piste, in modo che l’interruzione di una non blocchi tutto, e le migliori avventure investigative sono così. Ma è un lavoro delicato, che richiede molto sforzo.
In ogni caso il rapporto tra le conoscenze del personaggio e quelle del giocatore/lettore è sempre stato un elemento problematico, non solo nei giochi di ruolo ma nella narrazione in generale. Anche nel giallo classico il lettore spesso non ha gli stessi indizi dell’investigatore, perché non ha conoscenze sufficienti a coglierli. Ad es., il lettore può sapere che è stata trovata cenere ma non sa se è di sigaro o di sigaretta: lo sa Sherlock, e lo dirà solo al momento dello spiegone. Oppure il lettore non sa che all’epoca in cui è ambientato il racconto l’avere una tacca sul dente era segno del mestiere di sarto.
Prima ancora, viene da chiedersi se il lettore cerchi davvero di risolvere l’enigma. Diverse indagini statistiche suggeriscono che spesso non è così e Roger Caillois notava che il celebre Assassinio di Roger Ackroyd era stato tradotto in francese con un errore di stampa che ne rendeva (ancora più) impossibile la soluzione, eppure aveva avuto ugualmente un grande successo.
Nel gioco di Hite il partecipante è un po’ meno interprete e un po’ più spettatore, o per meglio dire è un interprete a un livello diverso, e nell’introduzione si citano come fonti proprio i moderni telefilm del tipo CSI.
In CSI la distanza tra personaggi e spettatori è anche più ampia che in passato. I personaggi sono degli specialisti, dei tecnici, e utilizzano apparecchiature al limite del fantascientifico per raccogliere indizi che sfuggirebbero ai più, e ci riescono sempre. Tutta questa pletora di indizi viene mostrata allo spettatore e come se non bastasse vengono anche spiegati i passaggi logici seguiti dall’investigatore per ridurre il numero di possibili colpevoli. In alcuni casi ciò provoca lo sgradevole “effetto Piero Angela” e rende i dialoghi tra i personaggi di CSI fastidiosamente ovvi o didascalici.
La differenza rispetto al giallo classico è che allo spettatore non viene nemmeno chiesto di fare ipotesi: semplicemente, è guidato verso la soluzione come un bambino un po’ tardo. L’enigma di CSI non è “qualcuno ha ucciso la zia nel bagno: chi è?”, ma “qualcuno che aveva sotto le suole un frammento di petalo della rarissima pianta Sgarzolona, che cresce in un’unica serra in tutto il mondo, ha ucciso la zia: chi è?”. L’interesse, quindi, non deriva da una sfida all’intelligenza, ma dallo spettacolo del potere tecnologico che ricava indizi.
Questi telefilm sono più una sorta di documentari drammatizzati che dei gialli: mostrano per sommi capi dei processi, con la scusa di trovare l’assassino. Naturalmente non hanno né il rigore del documentario né la salutare difficoltà del giallo, però contengono alcune informazioni tecniche reali, tant’è che qualcuno si è lamentato del fatto che aiutano i criminali ad eludere le indagini. Rappresentano una specie di perversione dei generi precedenti e la loro base ideologica resta da chiarire.
Fino ad ora la maggior parte dei commentatori lucubrativi (e persino troppo lucubrativi) si è concentrata sul “fascismo” di C.S.I. o sull’attenzione spasmodica per i cadaveri, ma queste forse sono caratteristiche della società americana nel suo complesso, più che del telefilm. Quasi tutti i polizieschi americani sono stati accusati di propagandare un’ideologia di destra e i gialli incentrati sull’analisi del cadavere precedono di parecchi anni CSI (anche se è innegabile che non si era mai raggiunta una tale intensità).
Ad ogni modo, si può dire già adesso che i protagonisti di CSI sono sostanzialmente degli impiegati: lavorano in gruppo e non sono degli psicologi o dei conoscitori del cuore umano, né dei geni deduttivi (o induttivi) alla Sherlock, anzi sembrano un po’ ottusi. Le loro principali caratteristiche sono determinazione e competenza, la tecnologia che li assiste funziona al volo, premendo un bottone, e i loro capi sono dei motivatori. CSI quindi è l’immagine dell’ufficio ideale, che incidentalmente si occupa di cose eccitanti come i delitti.
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