Sapete che esistono gare di offuscamento del codice? In pratica bisogna scrivere un programma in modo tale che sia difficile capire cosa fa. Somiglia un po’ alla steganografia, che consiste nello scrivere un messaggio senza nemmeno far capire che è un messaggio. E questo ci riporta alle solite domande: cos’è un messaggio, cos’è la copia, cosa il segreto, e il Mistero?
Al riguardo, benchè nulla c’entri, trascriviamo una lettera del Nostro:
“Nei primi tempi sotto le armi mi avevano affidato la sorveglianza della cassa [ndr Spallanzani fu fante in Grecia durante la IIa guerra mondiale). Stavo chiuso dieci ore al giorno e la sera scrivevo poesiole o lettere, che venivano censurate senza remissione. A volte mi scriveva mia zia e veniva censurata anche lei. Per parlare alla mia lontana fidanzata dovetti inventare un codice abbastanza sciocco, che infatti fu decifrato alla seconda missiva. Il codice era fatto cofì: tufi afi tufi tefi lefi pafi rofi lefi. Venne un sargente che mi spiegò, codice alla mano, come il mio comportamento fosse grave se non delittuoso, e che la legge mi imponeva di non usare codici, monosillabi significativi e sguardi, figure o altri sistemi di espressione esistenti o ancora da immaginare, senza prima informarne i superiori. Annuii significativamente.
Nella lettera successiva informai la mia fidanzata della censura, le dissi che non dovevamo usare codici, anche perchè lei non aveva decifrato il mio e la sua risposta era sembrata più che altro un addio; venato di compassione per il mio stato mentale; perchè il mio codice, lo ammetto, suonava strano; e a decifrarne il contenuto, lo sarebbe sembrato ancora di più.
Le dissi tutto questo col cuore in mano, ma per tutta risposta mi arrivò solo una cartolina dal lago di Garda. Scoprii poi che la mia lettera era stata censurata con particolare entusiasmo, perchè non si poteva nemmeno comunicare all’esterno che esisteva una censura. Tutto ciò che doveva esserle arrivato era il ciao finale. Finivo sempre le lettere con un “ciao!”.
In seguito provai a lagnarmene coi generali ed anche con le riviste femminili. Mi risposero sia gli uni che le altre. Le lettere recavano ampi buchi e si chiudevano tutte con un ciao informale. Cominciai a credere che la mia posta non fosse mai partita, che la fidanzata col suo lago di Garda fosse immaginaria come la cella in cui vivevo, che le regole, prese una per una, suonavano ragionevoli, ma tutte insieme erano la follia. L’idea che il mondo sia una trappola, quando ti si è ficcata in mente non c’è più verso”.
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