Ormai google ci detta quasi le festività e oggi si celebra Alan Turing, geniale pioniere. Nel suo articolo del 1950 Turing propone il “gioco dell’imitazione”, in cui in un primo momento l’osservatore A comunica con B e C senza vederli né sentirli e deve cercare di capire chi dei due è una donna (non una macchina: quel test verrà dopo). C’è quindi un impostore che si finge donna ed è davvero difficile immaginare come si farà a scoprirlo e soprattutto che cosa intendesse dire Turing con questo primo esperimento mentale. Ma ci sono altri punti singolari nella sua esposizione: non tanto quello sull’Esp, cui Turing concedeva il beneficio del dubbio, bensì quelli sulla definizione di “macchina”, dove il rigore dello scienziato produce un effetto apparentemente ironico o paradossale. Ad esempio (il grassetto è nostro):
“[…] che cosa intendiamo con la parola “macchina”. Naturalmente sarebbe nostro desiderio che ogni tipo di tecnica ingegneresca potesse essere usata nella costruzione delle nostre macchine. Sarebbe pure nostro desiderio permettere che un ingegnere o una squadra di ingegneri potesse costruire una macchina che funzionasse, ma i cui metodi di operare non potessero essere descritti in maniera soddisfacente dai suoi costruttori in quanto essi hanno applicato metodi largamente sperimentali. Infine, vorremmo escludere dal concetto di macchina gli uomini nati nel modo normale. E difficile adattare le definizioni in modo tale da soddisfare queste tre condizioni. Si potrebbe per esempio richiedere che la squadra di ingegneri sia composta tutta da ingegneri dello stesso sesso, ma questo non sarebbe del tutto soddisfacente, perchè probabilmente è possibile dar vita ad un individuo completo da una singola cellula della pelle, poniamo, di un uomo.”
Una sorta di test di Turing viene utilizzata in Blade Runner per dare la caccia ai replicanti. Qui l’impostura viene svelata dalla scarsa reazione empatica, che si nasconde sotto le parole. Buona e necessaria drammatizzazione di un gioco mentale, ma forse così si perde l’aspetto più inquietante del test, ossia l’eccezionale potenza illusionistica del linguaggio.
Mario Monti è un replicante, è evidente.
Bisognerebbe fargli la domanda delle ostriche crude
no, bisognerebbe fargli la domanda di tutti i poveracci che si sono ammazzati per colpa di equitalia.
Il test dell’empatia ai politici potrebbe essere un’idea, anche se bisognerebbe mettersi prima daccordo se scegliere i più empatici o i meno