In quel curioso zibaldone che è “Raccontalo alla cenere”, Elia spallanzani ha accumulato note erudite, poesiucole, sfoghi diaristici e innumerevoli bozze di racconti e romanzi. A volte si tratta di una sola riga, per di più criptica (es. “Nota per un conto filosofico: Platone è il padre del nascondino, Aristotele di tutte le parole crociate), mentre in altri casi c’è un certo sviluppo, come nell’esempio che riportiamo:
“30 agosto 1982, revisione della prima idea: siamo negli anni settanta, un antropologo sbarca in qualche isola della Polinesia e si imbatte in dei selvaggi mai toccati dalla civiltà. Li osserva, annota i loro curiosi rituali, che in fondo si riducono alla solita pantomima di morte di tutti i rituali, poi si accorge che la cerimonia più sacra di tutte consiste nel chiudere un uomo in un recinto, la sabbia disseminata di conchiglie, con altri selvaggi rivestiti di penne e colori squillanti che lo inseguono silenti, piroettando. L’uomo fugge disperatamente, fa una capriola, poi una finta, scarta di qui e di lì, i demoni sembrano indugiare prima di saltargli addosso, poi all’improvviso il fuggitivo si china e raccoglie una grossa conchiglia, l’alza al cielo giubilante, al che i demoni si coprono il viso e fuggono via da lui. Nel frattempo tutto il villaggio segue attento e ronza una strana melodia ripetitiva. Lo strano rito si ripete più volte, finchè l’antropologo non si addormenta. Di certo, egli pensa, questo rito simboleggia la lotta dell’anima contro i terrori dell’oltretomba: infatti è malato di Illuminismo. Bene, al suo ritorno in patria il nostro antropologo scrive il suo articolo e racconta più volte l’esperienza che l’ha tanto colpito, ma nessuno gli presta grande attenzione, in fondo ci sono migliaia di tribù selvagge e tutte hanno i loro piccoli riti, del tutto simili a quello descritto. Ad ogni modo l’articolo viene pubblicato, riceve qualche commento stitico e poi sparisce tra gli annali polverosi di una rivista specializzata. Qualche anno dopo il figlio dell’antropologo, studente del Mit, inventa un videogioco.”
Ah aaah!
Eh eh!
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